John Elkann tenta l’azzardo. Un impero dell’auto insediato su tre continenti: America, Europa, Asia. Con quattro capitali: Torino, Detroit, Parigi, Tokio. È il matrimonio tra Fiat Chrysler Automobiles e Renault-Nissan-Mitsubishi.
Elkann è fiducioso: la fusione paritaria tra la multinazionale italo-americana e la Renault è un’operazione «possibile». Il presidente di Fca, erede e nipote di Gianni Agnelli, ha preparato con cura e in gran segreto il progetto annunciato a fine maggio. Dall’inizio del 2019 ha avuto lunghe trattative, riservatissime, con Jean-Dominique Senard, presidente della Renault. Si è incontrato anche con il presidente francese Emmanuel Macron. Alla fine Senard ha dato il disco verde al progetto di fusione paritaria. Un sì condizionato è arrivato anche dal governo francese (è proprietario del 15% della casa automobilistica del Diamante).
Nissan e Mitsubishi, invece, si muovono con grande cautela e prendono tempo. Il presidente ed amministratore delegato di Nissan, però, si è mostrato interessato. Hiroto Saikawa ha commentato: «Ci sono molte opportunità» che potrebbero emergere.
Elkann non si nasconde le difficoltà di integrare culture industriali diverse. Ma ricorda l’esito positivo dell’acquisto della Chrysler: «Abbiamo voluto agire con coraggio, come abbiamo fatto nel 2009 con Chrysler. Abbiamo imparato che queste operazioni si possono fare». Ha assicurato: «Queste operazioni sono benefiche, non ci sono chiusure di stabilimenti».
Già, tra le tante difficoltà c’è il rischio della chiusura di alcune fabbriche o del ridimensionamento occupazionale di alcuni impianti a causa della possibile sovrapposizione di modelli delle diverse case. Le preoccupazioni sono forti soprattutto in Italia dove sono in ritardo gli investimenti per i nuovi modelli. Ma sia Elkann sia Senard hanno escluso tagli di impianti o dell’occupazione. La fusione può portare miliardi di euro di risparmi con le sinergie negli investimenti in ricerca, sviluppo, acquisti, produzione di nuovi motori e nuovi modelli.
È possibile la firma dell’accordo tra Fca e Renault entro un anno. Gli interessi convergono: per realizzare le nuove tecnologie (auto elettriche e macchine a guida autonoma) occorrono enormi investimenti. Il gruppo francese è avanti nello sviluppo e nell’utilizzo delle auto elettriche ed ibride ma gli manca lo sbocco del mercato americano. Fca è indietro sulle nuove tecnologie elettriche ma può contare anche sul mercato del nord e del sud America, oltre a quello dell’Europa.
La fusione tra Fca e Renault metterebbe in pista il terzo gruppo automobilistico del mondo con 8.700.000 macchine vendute l’anno (più della metà Fca e per il resto Renault). Se all’intesa aderissero anche Nissan e Mitsubishi nascerebbe il più grande gruppo automobilistico del globo forte di 15.600.000 vetture vendute (4,8 Fca e 10,8 Renault-Nissan-Mitsubishi).
Era il sogno di Sergio Marchionne. Dopo l’acquisizione della Chrysler sull’orlo del fallimento, tentò anche ulteriori intese: cercò un accordo con la General Motors, con la Volkswagen e con gli stessi francesi, ma senza esito. L’obiettivo era la crescita di dimensioni, per ottenere delle grandi economie di scala ed essere concorrenziali. Elkann, suo giovane allievo considerato da molti con sufficienza, ha imparato la lezione del grande manager morto lo scorso luglio. Ci sono stati contatti anche con Peugeot-Citroen, ma poi la scelta è caduta su Renault.
Il presidente di Fca sta tentando il colpo di trasformare il gruppo in un avanzato e vasto impero automobilistico forte in America, Europa e Asia. E lui sarà sempre sul ponte di comando. Se andrà in porto la fusione lo Stato francese, come scrive La Stampa, «non sarà più l’azionista di riferimento» perché il 15% delle azioni detenuto in Renault calerebbe al 7,5%. Invece lo scettro di “azionista di riferimento” della nuova società andrebbe alla famiglia Elkann-Agnelli con il 14,5%. Niente male. Sarebbe una risposta anche a chi considera morto il capitalismo italiano e ritiene il Belpaese un semplice terreno di conquista da parte di Francia, Germania e Cina.