E siamo arrivati al quarto rinvio del “salvataggio” Alitalia con una nuova proroga dell’amministrazione straordinaria. Come previsto, il governo è stato costretto a spostare ancora una volta il “termine ultimo” per la presentazione della “offerta vincolante”: dal 15 giugno al 15 luglio. Dopo oltre due anni di amministrazione straordinaria, il copione si ripete sempre uguale: appena sta per scadere il “termine ultimo” fissato per il passaggio di mano della compagnia aerea a una nuova società e a nuovi azionisti, il governo proroga il commissariamento dell’azienda perché non è riuscito a trovare acquirenti.
Con buona pace del ministro Di Maio e dell’incredibile ottimismo con cui da più di un anno combatte la sua battaglia per il “salvataggio” della ex compagnia di bandiera, il grande problema è tuttora quello della mancanza di un partner e di un piano industriale vero.
Dopo aver bussato a tutte le porte, offrendo l’Alitalia a russi, cinesi, tedeschi, francesi, inglesi è rimasta in pista solo Delta Airlines che alla fine, dopo mille tentennamenti, ha accettato di entrare con un 15 per cento. Il resto sarebbe tutto pubblico. Ferrovie dello Stato con il 30-35 per cento e il ministero dell’Economia con un altro 15 che, però, sarebbe frutto della conversione in azioni dei 900 milioni di “prestito ponte” concesso a suo tempo dallo Stato per evitare la dichiarazione di fallimento.
Adesso, per arrivare al 100 per cento di azioni e costituire la nuova società in grado di assorbire Alitalia, manca ancora un terzo abbondante del capitale. Quindi ci vuole un socio disposto a entrare con una quota del 35-40 per cento.
Escluso il presidente della Lazio Claudio Lotito che aveva annunciato un’offerta “riservata” giudicata “risibile” dall’ex ministro Calenda, resta in pista solo Atlantia, la società dei Benetton che controlla gli Aeroporti di Roma e – a differenza di Lotito – avrebbe i capitali e know how sufficienti per proporsi come socio industriale.
Atlantia continua a smentire, ma a rendere pubblica la trattativa proprio alla vigilia della scadenza del 15 giugno è arrivato Matteo Salvini con una dichiarazione a “Porta a Porta”: su Alitalia «si chiude nelle prossime ore», aveva assicurato il leader leghista. E poi ecco la sponsorizzazione: «Atlantia si occupa di infrastrutture e sarebbe un partner naturale».
Quello dell’ingresso dei Benetton nella nuova cordata Alitalia rischia di diventare l’ennesimo terreno di scontro tra Salvini e Di Maio. Con il primo che spinge per il coinvolgimento di Atlantia, vista come unica soluzione possibile, e il secondo in difficoltà perché l’ipotesi incontra una decisa resistenza dentro Cinquestelle.
Già, perché contro il gruppo Atlantia, proprietario di Autostrade, in seguito al crollo del ponte Morandi, è stata avviata la revoca delle concessioni autostradali. E proprio il ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, all’epoca aveva bollato i padroni di Atlantia come dei “prenditori”.
Ma dal momento che i Benetton sembrano l’unica soluzione in pista, la proroga al 15 luglio dovrebbe consentire di trovare un accordo accettabile per tutti. Secondo un’analisi del gruppo d’investimenti Fidentiis, se in cambio dell’ingresso in Alitalia, Atlantia ricevesse lo stop alla procedura di revoca della concessione di Autostrade per l’Italia allora potrebbe valerne la pena. Perché «un investimento di qualche centinaio di milioni di euro» in perdita, sarebbe comunque «poca cosa rispetto al valore della concessione autostradale italiana».