Salvini vuole mantenere a ogni costo l’egemonia sul governo populista. Va avanti a strappi. Più emergono le difficoltà più gli strappi di Salvini sono temerari. Interviene su tutto come se fosse il presidente del Consiglio. Sfiora la rottura con Conte e Di Maio. È estate, tuttavia l’esecutivo M5S-Lega si è preso una brutta influenza, la febbre è alta.
Luglio è cominciato malissimo per il Carroccio. L’ultima tegola giudiziaria caduta sulla testa di Matteo Salvini ha innescato il nuovo slalom di strappi politici. L’inchiesta della procura della Repubblica di Milano sull’ipotesi di 65 milioni di dollari di finanziamenti russi alla Lega per le elezioni europee è stata una mazzata terribile, è deflagrata sui giornali e le televisioni. Gianluca Savoini è indagato per l’ipotesi di corruzione internazionale. Il segretario del Carroccio, vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno, ha smentito ogni possibile accusa: «Mai preso un rublo, un dollaro o un litro di vodka dalla Russia per le elezioni europee». Ma ha accusato il colpo. Ha aggiunto combattivo: «Ho già querelato in passato, lo farò anche oggi, domani e dopodomani». Conte e Di Maio sono andati giù duri: come le opposizioni, l’hanno sollecitato «a riferire in Parlamento» sulla vicenda russa.
Sono tanti gli strappi di Salvini: migranti, autonomia regionale differenziata, decreto legge sicurezza bis, flat tax, mini-Bot, Tav, ex Ilva, Alitalia (con l’annessa partita sulla revoca o meno delle concessioni autostradali ai Benetton). Finora però, quasi per miracolo, si sono ricomposti o si vanno risolvendo i dirompenti contrasti vecchi e nuovi tra Salvini, Giuseppe Conte e Luigi Di Maio.
Il Carroccio ha raddoppiato i voti alle europee (34%) mentre il M5S li ha dimezzati (17%), così molti leghisti hanno spinto per mandare a casa il governo con i cinquestelle e andare all’incasso con le elezioni politiche anticipate. Ora però questo progetto, con i guai giudiziari scoppiati, risulta difficilmente proponibile. La Lega rischierebbe una campagna elettorale disastrosa, esponendosi agli attacchi del M5S e delle opposizioni (di centro-sinistra e di centro-destra) sul delicatissimo tema dell’etica pubblica.
Il governo grillo-leghista è sulle montagne russe. Lunedì 15 luglio il senatore Salvini ha causato un nuovo scontro istituzionale con Conte e Di Maio realizzando un inusuale confronto al Viminale con sindacati ed imprese (ben 43 associazioni presenti) sulla manovra economica 2020. Tema centrale dell’incontro è stata la flat tax. Non solo. Al tavolo della riunione c’era anche l’ex sottosegretario Armando Siri dimessosi dietro forti pressioni di Conte e di Di Maio perché indagato per corruzione. Il presidente del Consiglio ha contestato sia la presenza di Siri sia lo stesso incontro al Viminale perché la legge di Bilancio è competenza di Palazzo Chigi, dei ministri economici e non del titolare dell’Interno. Ha parlato di «scorrettezza istituzionale».
Un nuovo strappo. Il ministro dell’Interno, pur dichiarando la volontà di non voler interferire nelle competenze dei colleghi di governo, ha indicato la strada di costruire in estate una manovra “molto anticipata”, da predisporre molto prima del tradizionale appuntamento di ottobre.
È seguito anche uno strappo europeo. Martedì 16 luglio gli eurodeputati leghisti, dopo grande incertezza, hanno votato contro l’elezione di Ursula von der Leyen a presidente della commissione europea mentre i cinquestelle si sono espressi a favore assieme al Pd. Anzi, i voti grillini sono stati determinanti per l’elezione dell’ex ministra della Difesa della Repubblica federale tedesca. Salvini non l’ha presa per niente bene: è una alleanza «ninestrone» tra Merkel, Macron, Berlusconi, Renzi e M5S.
Gli strappi sono sul filo della rottura. Il governo traballa ma va avanti per adesso. Niente voto anticipato, almeno per ora. Il segretario della Lega, però, si sta convincendo dell’inaffidabilità di Di Maio. Starebbe pensando di puntare alle elezioni politiche anticipate nel 2020, entro giugno. Facendo attenzione ad una incognita: un possibile governo tra il M5S e il Pd di Zingaretti.