La fantasia della politica italiana non ha limiti. Ora è il turno del “mandato zero” per i consiglieri comunali. Lo ha proposto il 23 luglio in un video Luigi Di Maio con una spiegazione notevolmente contorta: «Che cos’è il mandato zero? È un mandato, il primo, che non si conta nella regola dei due mandati, cioè un mandato che non vale». Ha motivato: così «non disperdiamo» l’esperienza accumulata dai consiglieri comunali.
In sintesi: nel M5S la regola del limite dei due mandati come “portavoce” per i consiglieri comunali è cancellata, con il “mandato zero” se ne potranno fare tre. Il 26 luglio la proposta del “mandato zero” del capo politico del M5S è stata approvata dagli iscritti in una votazione online con 17 mila sì (il 68%). Adesso il consigliere comunale con due mandati alle spalle potrà presentare la sua terza candidatura come consigliere regionale o come parlamentare (deputato o senatore). Gli iscritti cinquestelle hanno anche approvato nelle votazioni online una riorganizzazione complessiva del Movimento.
Con il disco verde della base è scalfito uno dei tabù dei grillini: il tetto inderogabile di due mandati per impedire la nascita di politici di professione, per evitare «che -come ha precisato lo stesso di Maio- non si gestisca troppo potere nelle mani di poche persone per troppo tempo».
È la magia della politica sui numeri: lo zero diventa tre ma anche il due muta in tre. Fischi e applausi calano sull’innovazione lessicale del vocabolario della politica. I consiglieri comunali sono contenti dell’iniziativa del vice presidente del Consiglio, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Sono contenti anche i parlamentari cinquestelle con due mandati perché in futuro anche per loro si potrebbe aprire lo spazio per una possibile, terza candidatura alla Camera o al Senato. E sono in molti a Montecitorio e a Palazzo Madama a fare il tifo per il “mandato zero” perché il “governo del cambiamento” traballa sotto le spallate di Salvini e si affaccia il rischio delle elezioni politiche anticipate.
Contro il progetto del “mandato zero”, però, si sono scatenati su Internet gli attacchi e i sarcasmi di gran parte dei militanti pentastellati perché così cambia l’antica anima grillina. Anche Beppe Grillo boccia l’idea. Il fondatore del M5S, che aveva proposto anche il sorteggio per eleggere i senatori, è tornato a criticare Di Maio e ha ironizzato su Twitter: «Il mandato ora in corso è il primo di un lungo viaggio…ma di andarmene a casa non ho proprio il coraggio…».
La politica italiana ha una antica tradizione di “latinorum”, di vocaboli usati metaforicamente contro il loro significato letterale. Aldo Moro parlò di «convergenze parallele» per portare a casa all’inizio degli anni Sessanta la difficile intesa di governo tra la Dc e il Psi di Nenni. In geometria due parallele non s’incrociano mai quindi non possono convergere, ma il segretario democristiano più volte presidente del Consiglio aveva bisogno di una metafora politica per far passare tra i democristiani ostili il primo esecutivo di centro-sinistra con i socialisti. Adesso Di Maio, più prosaicamente, lancia il “mandato zero” per rassicurare gli eletti pentastellati su un possibile terzo mandato finora vietato.