È bene non dimenticare come può crollare una democrazia. I pestaggi, gli omicidi, i brogli elettorali, la chiusura dei giornali, la liquidazione dei partiti, le persecuzioni razziali, il confino politico. È bene non dimenticare le violenze usate dal fascismo per conquistare il potere in Italia e gli strumenti polizieschi realizzati per mantenerlo. Il Confino politico a Ustica nel 1926-1927, la mostra organizzata a Roma dal 6 al 24 settembre, rievoca le passioni e gli ideali di coloro che hanno affrontato la privazione della libertà nell’isola di Ustica.
Alle volte le dittature commettono gravi autogol nella repressione del dissenso. È quanto accadde quando il fascismo mandò al confino esponenti e militanti dei partiti democratici. L’obiettivo perseguito dal regime di emarginare gli oppositori, attraverso il confino, dalla società attiva ebbe anche l’effetto secondario non previsto di essere un’occasione di incontro, di stimolo alla discussione e al confronto dell’opposizione, divenendo un laboratorio di formazione politica e civica che contribuì alla crescita dello spirito democratico nel Paese.
Con l’approvazione delle leggi “fascistissime” emanate nel 1926 per volere di Benito Mussolini, i politici, che prima costituivano una minoranza sull’isola di Ustica rispetto ai confinati per reati comuni, diventarono una presenza più rilevante fino a raggiungere il numero di circa 600 transiti.
La mostra, l’ingresso è libero, è ospitata alla Casa della Memoria e della Storia di Roma (via San Francesco di Sales numero 5), ed è promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale – Dipartimento Attività Culturali in collaborazione con Zètema Progetto Cultura. L’esposizione, precisa un comunicato stampa, si propone di recuperare alla memoria collettiva e di restituire alle giovani generazioni alcuni frammenti di quella pagina importante della nostra storia locale e nazionale. Una vicenda contrassegnata da forti passioni e da grandi ideali, che può anche essere il racconto di tante vite spezzate solo per affermare un diritto, quasi sacro, qual è quello della libertà di pensiero. Il progetto, le ricerche e i testi sono a cura di Vito Ailara e Massimo Caserta.
La mostra propone immagini, testimonianze e documenti riguardanti alcuni protagonisti, tra cui Gramsci e Bordiga, mettendo insieme vicende politiche e umane collocate nello scenario fisico culturale e antropologico di Ustica.
Nella vita e in politica possono accadere le cose più strane. Alla fine del luglio 1943 Pietro Nenni, confinato nell’isola di Ponza, vide arrivare Benito Mussolini appena fatto arrestare dal re Vittorio Emanuele III. Il leader socialista scrisse nel suo diario: «Dalla finestra della mia stanza ora vedo col cannocchiale Mussolini: è anch’egli alla finestra, in maniche di camicia e si passa nervosamente il fazzoletto sulla fronte». Nenni ricorda quando nel 1911 lui e Mussolini furono arrestati per aver manifestato contro la guerra di Libia e finirono nella stessa cella: «Scherzi del destino! Trenta anni fa eravamo in carcere assieme, legati da una amicizia che paresse sfidare le tempeste della vita» mentre «oggi eccoci entrambi confinati nella stessa isola: io per decisione sua, egli per decisione del re».