Il Partito socialista portoghese sembra a un passo dalla maggioranza assoluta. L’ultimo sondaggio, a sole tre settimane dalle elezioni politiche del 6 ottobre prossimo, lo dà al 42 per cento. Quindi tre punti oltre quel 39 per cento che dovrebbe rappresentare la soglia per conquistare l’autonomia di governo.
A quel punto, un esecutivo socialista non avrebbe più bisogno dei deputati del Partito comunista e della sinistra radicale (Bloco de Esquerda) che con il loro voto sostengono l’attuale governo in Parlamento.
Quello della maggioranza assoluta è sempre stato, fin dall’inizio della legislatura, il grande obiettivo di Antonio Costa, presidente del Consiglio e segretario socialista, abilissimo a gestire l’alleanza con una sinistra che continuava a chiedergli di allargare i cordoni della borsa sforando il tetto del deficit pubblico. Cosa che il premier è sempre riuscito a evitare, in un Paese fino al 2014 sotto il controllo della troika, dopo essere finito sull’orlo della bancarotta.
Ma, adesso che la maggioranza assoluta sembra finalmente a portata di mano, è proprio Costa a frenare gli entusiasmi e invita i suoi dirigenti alla mobilitazione degli elettori fino al 6 ottobre, il giorno del voto, perché «le elezioni si vincono nelle urne» e non si è mai visto «nessuno vincerle con i sondaggi».
L’ultima rilevazione demoscopica conferma comunque l’ascesa dei socialisti, dati al 42 per cento, e il distacco del PSD, il Partito socialdemocratico di destra al 23 per cento e, quindi, staccato di 19 punti. Se i risultati confermeranno questi dati, la maggioranza assoluta si collocherebbe al 39 per cento. Intanto, con la sola eccezione del PAN, il piccolo partito ecologista in crescita al 4 per cento, tutte le altre forze politiche portoghesi sembrano in calo. Con il BE, il “Bloco de Esquerda” al sei per cento e il Partito comunista a cinque. Rispetto al sondaggio di luglio, il mutamento del quadro politico segnalato dalle intenzioni di voto risulta chiarissimo, con il trasferimento al Partito socialista del quattro per cento dei voti del BE e del PCP.
La cosa incredibile è che alla vigilia del 6 ottobre, i partiti a sinistra del PS sembrano quasi rassegnati. Jeronimo de Sousa, segretario del PCP, gioca la carta della paura, drammatizzando l’ipotesi dell’autonomia del PS, perché in tal caso Costa avrebbe le “mani libere”. Da qui l’appello agli elettori di non dare la maggioranza assoluta al PS per «evitare un ritorno a destra». Ancora peggio sta facendo Riu Rio, segretario socialdemocratico, pure lui rassegnato a vedere il PSD poco sopra il 20 per cento. Con una campagna elettorale fiacca e dichiarazioni tipo: «Fare il deputato non mi interessa».
E così Costa ha gioco facile nella sua propaganda elettorale, sottolineando in tutte le occasioni che «l’economia del Paese cresce più della media europea». Vero. Adesso il Portogallo può presentarsi all’Ue con dati impensabili per l’Italia: un deficit che nel 2018 è stato dello 0,5 per cento del Pil cresciuto oltre il 2 per cento nello stesso anno e oggi si attesta all’1,7; l’aumento dei consumi interni; un debito pubblico ancora alto, ma sotto controllo.
Questi risultati hanno permesso al governo Costa di abbassare l’età pensionabile per i dipendenti pubblici, ripristinare quattro giornate festive e innalzare il salario minimo, contribuendo ad aumentarne il consenso del PS presso l’elettorato popolare. Cosa che era risultata già evidente alle elezioni europee del 26 maggio scorso quando il partito era già balzato al 33,4 per cento.