Archiviato il disastro del Papeete, digerita l’uscita da Palazzo Chigi, Matteo Salvini ha deciso di ripartire da Roma. Per risalire nei sondaggi, che continuano a darlo in leggero calo, il leader leghista chiama a raccolta le sue truppe per attaccare il punto più debole dello schieramento avversario: il Campidoglio, presidiato da una Virginia Raggi sempre più in difficoltà. Alle prese con l’ennesimo disastro dei rifiuti e con tutti i servizi pubblici municipali al collasso.
La prima mossa dell’ex ministro dell’Interno è stato il sit-in organizzato venerdì 4 ottobre in piazza del Campidoglio per chiedere le dimissioni della sindaca. Accolto dagli applausi dei fans, il leader leghista non ha perduto tempo: «Siamo qui per cacciare un sindaco che è una calamità naturale».
«La capitale è in ginocchio», ha spiegato, «basta fare un giro per la città per vedere come è ridotta». E poi: «La sindaca si faccia da parte…perché la raccolta dei rifiuti, gli autobus, la gestione delle case popolari….dipende tutto dal Comune …Dopo tre anni di amministrazione Raggi il danno è evidente. Conclusione: «Così male Roma non è mai stata».
A questo punto, «rimangono solo le dimissioni, così che i cittadini romani possano scegliersi un sindaco finalmente all’altezza, perché lei non lo è, perché è la peggiore dal dopoguerra ad oggi».
Sabato prossimo in Piazza San Giovanni la Lega avvierà la raccolta delle firme dei cittadini romani per chiedere le dimissioni della Raggi.
E adesso? Asserragliata nella sua trincea capitolina, la sindaca prova a resistere. In condizioni normali sarebbe indifendibile, ma il Movimento Cinquestelle, appena rianimato dall’alleanza di governo con Il Pd dopo aver rischiato il disastro delle elezioni anticipate, fa fatica a staccarle la spina. E così Virginia Raggi per conservare la sua poltrona contro tutto e contro tutti punta su questo. Infatti dopo le ultime dimissioni in blocco del vertice dell’Ama, la municipalizzata dei rifiuti, ha subito nominato come amministratore l’attivista grillino Stefano Zaghis, milanese trapiantato nell’Urbe, manager con esperienze nella gestione di fondi immobili, senza alcuna competenza specifica in materia di rifiuti.
Ma, al di là dei giochi politici, resta il fatto che la situazione della capitale è esattamente quella descritta da Salvini.
A fine settembre, spiegando le dimissioni sue e dell’intero Consiglio di amministrazione, dopo appena 100 giorni, l’ormai ex amministratore dell’Ama Paolo Longoni ha dichiarato ai giornalisti di non essere mai riuscito a parlare con la sindaca.
«Io e gli altri ex membri del Cda – ha detto – l’abbiamo cercata una settimana fa per chiederle un incontro. Dalla sua segreteria ci hanno risposto che ci avrebbero fatto sapere».
Cinque Cda saltati in tre anni, un miliardo di debito, l’azienda dei rifiuti, controllata al cento per cento dal Comune di Roma è ormai ingovernabile, non è in grado di raccogliere tutti i rifiuti della capitale che da mesi e mesi si presenta come una città del Terzo Mondo ed è costantemente a rischio epidemia. Incapace di fare il suo lavoro, l’Ama andrebbe liquidata, anche perché ha 7.800 dipendenti, un debito stimato oltre 1 miliardo di euro, e ogni anno spende oltre un terzo delle sue risorse per pagare gli stipendi.