C’è un Paese, al confine dell’Ue, dove i socialisti governano con il sostegno parlamentare dell’estrema sinistra e riescono anche ad aumentare i loro voti. Questo Paese è il Portogallo, dove domenica 6 ottobre il PS del premier Antonio Costa ha stravinto le elezioni politiche con il 36,65% e 20 deputati in più, guadagnando più di quattro punti percentuali e staccando di quasi nove la destra del PSD, che si è fermata al 27,90% e ha perduto dieci punti.
E così il paese lusitano è diventato un modello per tutta Europa, dove la sinistra riformista e i partiti d’ispirazione socialista continuano a perdere elezioni e consensi a favore della destra e dei movimenti sovranisti.
ll “caso portoghese” diventa ancora più interessante se si considerano le condizioni di partenza. Con il Paese uscito da un piano di “salvataggio” della troika solo nel 2014 e il PS che alle politiche del 2015 arrivava solo secondo (32,31%) battuto dal PSD al 38,57%. Ed è a questo punto che entra in scena il nuovo segretario socialista, l’ex sindaco di Lisbona Antonio Costa.
Invece di piegarsi alla “grande coalizione” con la destra socialdemocratica, Costa riesce a convincere un riluttante capo dello Stato a lasciargli fare una scommessa. Mettere in piedi un governo socialista di minoranza con il sostegno esterno del Partito comunista e della sinistra radicale (Bloco de Esquerda) euroscettica e anti-euro. Un azzardo. In Portogallo questa inedita alleanza viene subito definita “geringonça”, una parola intraducibile in italiano, ma che significa più o meno “accozzaglia”, a conferma dello scetticismo generale sulla tenuta del nuovo esecutivo.
Ma l’operazione riesce. Il nuovo presidente del Consiglio si muove abilmente negoziando sia all’esterno (con Bruxelles) che all’interno, con i suoi scomodi alleati di governo che spingono per aumentare il deficit pubblico.
Alla fine il bilancio della legislatura sarà largamente positivo: Pil in aumento e sopra la media europea, deficit sotto controllo e conti in ordine, al punto che il governo riesce perfino a varare alcune misure sociali: abbassa l’età pensionabile per i dipendenti pubblici, ripristina quattro giornate festive e innalza il salario minimo. Tutto questo contribuisce ad aumentare il consenso del PS presso l’elettorato popolare. E alle elezioni europee del 26 maggio 2019 il partito balza al 33,4%.
Ma la vera partita sarà quella delle politiche del 6 ottobre. In estate i sondaggi segnalano un’ulteriore crescita del PS. E così Costa alza l’asticella fino alla soglia del 40% che gli consentirebbe di conquistare la maggioranza assoluta e quindi di rendersi autosufficiente in Parlamento.
La cosa incredibile è che avrebbe anche potuto farcela se nell’ultimo mese di campagna elettorale alcuni atti della magistratura, legati a un furto di materiale bellico avvenuto più di due anni prima nel deposito militare Tancos, non avessero consentito alla destra di mettere il governo sulla graticola. Il leader del PSD Rio Riu cerca di portare Costa in Parlamento per un dibattito parlamentare per chiamarlo a rispondere pubblicamente di un’accusa pesante. Quella di aver coperto i vertici militari responsabili dello scandalo delle armi rubate, mentendo all’opinione pubblica e nascondendo alcuni documenti alla magistratura.
Operazione mediatica riuscita, almeno in parte. La prova è nei sondaggi quotidiani sulle intenzioni di voto effettuati alla vigilia delle elezioni, fra il 21 settembre e il 4 ottobre. Il Partito Socialista comincia con il 40,6% e chiude con il 37,2, perdendo più di tre punti percentuali in appena 15 giorni. Il PDS, che aveva recuperato terreno arrivando a sfiorare il 30 per cento, alla fine si stabilizza al 27,8 chiudendo la sua corsa a 9,4 punti di distacco dal PS, mentre l’astensionismo sale e supera il 45%. Decimale in più o in meno è esattamente quello che succederà il 6 ottobre al momento del voto.