C’è anche l’orrendo piacere di uccidere. 22 gradini per l’inferno. Soldi, sesso, vendetta. O semplice casualità. Gli italiani ricordano con paura e sgomento gli assassini seriali che hanno segnato un’epoca. I giornali, per i loro orrendi omicidi a catena, li hanno chiamati “mostri”.
Ci fu il “mostro di Nerola”. Si chiamava Ernesto Picchioni, dal 1944 al 1947 assassinò un’infinità di persone: probabilmente 16, la cifra esatta non si conosce. Nel 1949 fu condannato a due ergastoli e a 26 anni di carcere. Abitava in un casolare disastrato al chilometro 47 della via Salaria vicino a Nerola. La dinamica era sempre la stessa. Disseminava di chiodi la via Salaria davanti a casa sua, i malcapitati viaggiatori in bicicletta (allora era praticamente l’unico mezzo di locomozione perché le automobili erano un lusso raro), foravano le gomme e chiedevano soccorso. Egli li ospitava in casa e li assassinava a fucilate o a colpi di mazza ferrata. Li derubava e li seppelliva nell’orto.
Spendeva tutto nell’osteria di Nerola. A chi gli domandò come campava, rispose: «Guadagno vendendo lumache». Fu scoperto per caso. Il maresciallo dei carabinieri un giorno lo vide scorrazzare per le vie del paese in sella a un “Cucciolo”, una bicicletta a motore della Ducati, una avveniristica rarità dell’epoca. Il “Cucciolo” era di proprietà di Alessandro Daddi, un dipendente del ministero della Difesa, scomparso misteriosamente dopo aver lasciato Roma per andare a trovare la madre. In un filmato de La Settimana Incom c’è una intervista alla moglie di Ernesto Picchioni che denunciò gli omicidi del marito: «Minacciò di seppellire me, sua madre e i nostri quattro figli se aprivamo bocca. Vivevamo nella paura signor maresciallo».
Il libro di Rita Cavallaro ed Emilio Orlando 22 gradini per l’inferno (Male Edizioni di Monica Macchioni, dicembre 2019) racconta la storia del «mostro di Nerola» come di tanti altri serial killer italiani. La casa editrice fa seguire un libro di cronaca nera a quelli di saggistica e di cronaca rosa. Alla fine potrebbe anche essere prodotto un film. Il crimine ispira registi e sceneggiatori e ne possono uscire anche magnifici film come “5 è il numero perfetto”, la storia di uno spietato killer della camorra tradito e pentito.
Gli assassini seriali formano un inquietante elenco. Uno tra i più famosi, rimasto nella memoria anche del vostro cronista, è Donato Bilancia, conosciuto come Walter, battezzato dai giornali il «mostro della Liguria» o «mostro delle prostitute» o «mostro dei treni», in relazione alle sue molte, famigerate gesta. 22 gradini per l’inferno indaga sul pozzo nero dei serial killer, narra anche questa vicenda. Donato Bilancia, giocatore d’azzardo, conosciuto dagli amici del mondo delle bische di Genova come «walterino», terrorizzò l’Italia. Commise ben 17 omicidi perpetrati tra il 1997 e il 1998, in appena sei mesi, nella Liguria e nel Piemonte. Fu condannato a 13 ergastoli e sta ancora scontando la pena.
La prima persona assassinata fu per vendetta: soffocò e derubò un biscazziere perché l’aveva imbrogliato al gioco. Poi usò la pistola contro un altro biscazziere e la moglie, con un orefice e la consorte: li assassinò e derubò. Dagli omicidi per rapina passò quasi subito a quelli motivati dal sesso, in alcuni casi accompagnati da lugubri rituali di macabro feticismo. Prima uccise varie prostitute. Quindi assassinò sui treni della Liguria delle ragazze scelte a caso che viaggiavano da sole. Confessò subito gli omicidi quando fu arrestato: «Vorrei che la mia situazione carceraria fosse alleviata, per quanto la mia vita, come ho detto, non valga più nulla per me. Non sono capace di farmi fuori in modo violento».
Il libro 22 gradini per l’inferno, precisa un comunicato stampa, è «un viaggio all’Inferno e ritorno per raccontare i serial killer italiani più spietati, analizzati negli abissi più profondi della loro mente e messi a confronto con i loro omologhi di Oltreoceano nella Scala del male». Il libro è presentato mercoledì 18 dicembre a Roma (ore 18) presso il Grand Hotel Plaza (via del Corso, 126).