Una condanna senza appello, quella di Sofia Ventura, politologa emiliana che nulla concede al vezzo dell’estremismo verbale, attenta e misurata sia quando scrive che quando partecipa a trasmissioni televisive. Della Lega dice: «La destra italiana, con Salvini, non potrà che essere una destra illiberale e di mobilitazione permanente. Lungi dall’essere ‘problem solver’ non potrà che essere creatrice e sfruttatrice di problemi. Perché questa è la sua natura. Il resto, sono pii desideri».
Analisi ineccepibile; tuttavia, la questione è: come si spiega che nonostante la Lega non sia più al Governo, nonostante abbia poco o nulla da offrire, nonostante le non brillanti prove di ‘governo’ offerte dai leghisti, nonostante le non poche ombre e lati oscuri relativi ai finanziamenti che da tempo hanno attirato l’attenzione della magistratura; ecco: come mai, con tutti questi ‘nonostante’, come mai Lega e Salvini resistono nei sondaggi?
D’accordo: i sondaggi sono diventati non strumento che scandaglia e monitora gli umori dell’elettorato; piuttosto servono a condizionarlo, orientarlo. Ma sondaggisti accreditati e stimati, come Alessandra Ghisleri certificano che esiste ancora un consistente elettorato che si identifica con l’auto-proclamatosi ‘capitano’.
Forse non tutto, ma molto, tanto, si gioca in Emilia-Romagna e in Calabria. Sono elezioni amministrative; occorre eleggere un presidente di Regione che sappia assicurare ‘governabilità’ e amministrazione decente; ma inevitabilmente hanno un ‘sapore’ politico nazionale. Per il Partito Democratico in particolare, si tratta di vedere se in Emilia-Romagna la partita che si gioca sarà l’ennesima (e a questo punto definitiva) Caporetto; oppure una linea del Piave, premessa per una possibile riscossa.
Il PD e la corte di ‘alleati’ che gli si è stretta attorno e a fianco, hanno due buoni candidati: Pippo Callipo, la cui famiglia produce conserve alimentari, tonno e altri prodotti ittici dal 1913, lavorati completamente in Calabria; una rara eccellenza, in quella regione. Ha ottenuto di poter scegliere e vagliare uno per uno i candidati; buona mossa quella del PD di affidarsi a un simile personaggio. Tardiva, tuttavia; il centro-destra (meglio sarebbe dire: la destra-centro) ha buone possibilità di affermarsi.
Altro, il discorso in Emilia-Romagna. Il presidente uscente, Stefano Bonaccini, ha alle sue spalle una regione che presenta i conti in discreto ordine; ha chiesto a tutti i leader nazionali, quelli del suo partito innanzitutto, di non aiutarlo: «So sbagliare da me». Nicola Zingaretti e tutti gli altri, compreso il presidente del Consiglio, si sono ben guardati dall’impegnarsi a fianco di Bonaccini. In suo aiuto sono arrivate le cosiddette “sardine” (un ‘nuovo’ da tenere d’occhio; vedi mai…); le ‘sardine’ possono rivelarsi determinanti per la sua vittoria. I sondaggi al momento accreditano a Bonaccini un vantaggio di 3-4 punti. Ma vai a sapere: l’elettorato è umbratile e volatile come non mai.
Giuseppe Conte, ad ogni modo, mette le mani avanti: «Bologna e dintorni non è un referendum sul Governo». Storie. Il destino del suo Governo passa anche da lì. Lo si dica al PD, che se il prossimo 26 gennaio il partito va sotto, non cambia nulla. Zingaretti ha un bisogno disperato di dimostrare che il suo partito tiene.
Problemi ci saranno anche per il M5S e per la leadership di Luigi Di Maio: il prevedibile magro risultato del candidato pentastellato rinfocolerà polemiche e tensioni che rischiano di essere fatali per un partito già adesso allo stato gassoso.
Elezioni regionali a parte, il 2019 lascia al nuovo anno una pesante eredità. Conte dovrà dimostrare l’abilità di un Alberto Tomba quando, nel 1988, alle Olimpiadi di Calgary vinse due ori per lo slalom gigante e lo slalom speciale. C’è la conferma della richiesta di referendum sul ‘taglio’ dei parlamentari; la Corte Costituzionale si esprimerà sul referendum abrogativo della legge elettorale proposto dalla Lega. Il 7 gennaio un primo vertice, per disinnescare le polemiche tra i due maggiori azionisti della maggioranza (M5S e PD) per quel che riguarda la prescrizione. Sul fronte del lavoro e dell’occupazione, la questione irrisolta dell’ex Ilva; da chiudere entro gennaio; sempre per gennaio la conversione in legge del decreto Alitalia. In lista d’attesa il caso delle concessioni ad Autostrade, le nuove nomine in Bankitalia, il nuovo Eurogruppo sul Mes dopo il rinvio di dicembre.
Elezioni anticipate sì o no? Il fatto è questo: se dovesse passare la richiesta per chiedere il referendum confermativo della legge costituzionale sul taglio di 345 parlamentari, ecco aperta una ‘finestra elettorale’ che potrebbe indurre qualcuno a far saltare il ‘banco’ governativo. In caso di voto anticipato si eleggerebbero una quantità di deputati e senatori come previsto dall’attuale normativa. Se invece dovesse entrare in vigore la ‘riforma’, molti ‘partitini’ perderebbero buona parte dei loro eletti.
Ma c’è un’altra incognita: la legge elettorale. Il 15 gennaio la Corte Costituzionale si esprimerà sull’ammissibilità del referendum chiesto dalla Lega. Quest’ultima propone di abrogare la parte proporzionale del ‘Rosatellum’; si avrebbe così un ‘maggioritario’ puro. La maggioranza cerca spasmodicamente un’alternativa, che al momento non trova.
Ha un bel dire, Conte, che il suo Governo «non si lascia distrarre dalle polemiche e dai distinguo». C’è chi, fin dal dopo Epifania, preconizza un letale ‘tutti contro tutti’.
Il presidente del Consiglio promette che il suo Esecutivo «lavorerà fino all’ultimo»; e nega che ci sia «una fibrillazione da campagna elettorale permanente…Le urne sarebbero una sconfitta per tutti. Quale credibilità può avere una forza politica che dice ‘andiamo a votare’ per realizzare quello che possiamo realizzare oggi?».
Sembra di assistere a una riedizione di quel passo, citatissimo, dei Promessi sposi, dove il potente Conte Zio propone al Padre provinciale dei cappuccini «di sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire». Solo che un simile fraseggio è più consono a un Giulio Andreotti che a un Conte: che, per dirla sempre con il Manzoni, ha poca potestà, nessuna canizie, poca consumata esperienza. Né va dimenticata l’osservazione ironica di un eminente studioso come Luigi Russo: ci si riferisce, nel caso del Conte Zio, alla preparazione di «un misfatto elegante e farisaicamente onesto».
Ma per tornare all’oggi?
Conte appare molto compreso nel suo ruolo: dispensa complimenti al PD, riconoscimenti al M5S, apprezzamenti al movimento di Matteo Renzi… Tronca, sopisce, sopisce, tronca: si tratti di Ilva, Alitalia, Banche sull’orlo del baratro…La sua forza sta nella debolezza dei suoi interlocutori. Durerà? E fino a quando? Da qualche parte si stanno scaldando i muscoli possibili altri candidati per palazzo Chigi; e per il Quirinale, in pista ce ne sono già tre o quattro. Naturalmente si schermiscono. Come dice un famoso proverbio romano «chi entra papa ner conclave, ne risorte cardinale».