Quartiere Garbatella. Tutti i romani conoscono e amano questo quartiere che compie 100 anni il prossimo 18 febbraio. Molti turisti, anche stranieri, vengono a visitarlo. Tanti i giapponesi, che fotografano e disegnano le sagome degli edifici nel tentativo di afferrare lo spirito del luogo; molti settentrionali che vogliono vedere dal vivo i posti i cui venne ambientata una fiction di successo di alcuni anni fa: i Cesaroni.
E tanti cittadini che si avvalgono di visite guidate per conoscere la storia, ma anche le leggende che animano il quartiere le cui radici affondano nella realtà contadina della campagna romana dei secoli precedenti: la Chiesoletta fu progettata dal Valadier per i contadini che tornavano a casa dai campi alla fine del Settecento. Garbatella ha le caratteristiche di un borgo, ci sono cortili e giardini in cui i bambini possono giocare all’aperto, in una dimensione antica, quasi introvabile ormai in quell’immenso “non luogo” che è la periferia romana.
In un articolo sul Corriere della Sera dello scorso 5 gennaio Antonio Polito ha utilizzato l’immagine del “non luogo”, dell’antropologo francese Marc Augé, per descrivere la via del terribile incidente stradale in cui hanno perso la vita Gaia e Camilla, le due sedicenni romane travolte da un Suv guidato da un ventenne: Corso Francia, un’arteria urbana in cui le automobili sfrecciano ad alta velocità, una specie di autostrada cittadina in cui non si vive, si transita. Un luogo senza identità e senza anima uguale a mille altri non luoghi di Roma e di tutte le grandi capitali del mondo.
Garbatella è invece un posto “antropologico”, ha una identità storica, una tradizione. Tra le sue “villette” si respira un racconto storico e sociale lungo 100 anni, in cui sono sintetizzati i fatti salienti del “secolo breve”, tra conflitti e disagi sociali, dittatura, guerra, antifascismo, Resistenza e rinascita. Ha persino una data di nascita precisa, come una persona: il 18 febbraio 1920. La sua fondazione è testimoniata da un‘epigrafe in marmo collocata sulla facciata del lotto 5 di piazza Benedetto Brin in cui si legge:
”La mano augusta di S.M. il re Vittorio Emanuele III
l’Ente autonomo per lo sviluppo marittimo e industriale
e l’Istituto delle case popolari di Roma
con la collaborazione delle cooperative di lavoro
ad offrire quieta e sana stanza agli artifici del rinascimento economico della Capitale
questo aprico quartiere fondato oggi XVIII febbraio MCMXX”.
L’idea era di creare un borgo operaio e marinaro. Operaio perché destinato ai lavoratori dell’unico polo industriale della città, tra l’Ostiense, il Gazometro, il Porto Fluviale, i Mercati generali e lo scalo ferroviario. Marinaro perché inserito nell’ambizioso piano di sviluppo della zona verso il mare Tirreno. Molte delle sue vie sono infatti intitolate a navigatori, armatori, progettisti, ingegneri e ammiragli. Borgata Giardino Concordia, era il nome del villaggio ideato dall’ingegner Paolo Orlando nei primi anni del Novecento, in collaborazione con l’Istituto Case popolari di Roma, per dare un’abitazione dignitosa ai lavoratori della zona, ma venne da tutti chiamata Garbatella, dal nomignolo di un’ostessa gentile che gestiva, nella seconda metà dell’Ottocento, una mescita sulla via che collegava l’antica via delle Sette Chiese e l’Ostiense, all’altezza dei Mercati Generali.*
Nella sua progettazione furono impegnati architetti importanti: Sabbatini, Nori, Palmerini, Giovannoni, Piacentini, Marconi. Più tardi, durante gli anni del fascismo, venne lasciato cadere il progetto della “Città Giardino” con case dotate di piccoli orti, per intraprendere la strada della “casa rapida”, con giardini condominiali e edifici a più piani. Nacquero le case per gli sfrattati, gli edifici polifunzionali, il cinema-teatro oggi Palladium, i Bagni Pubblici, gli Alberghi suburbani per gli sfrattati dal centro storico dopo gli sventramenti voluti da Mussolini. A questo progetto lavorarono architetti quali De Renzi, Marchi, Cancellotti, Vietti e Aschieri.
Gli alberghi furono visitati nel 1931 persino dal Mahatma Gandhi, che ne apprezzò la funzionalità. Furono progettati da Sabbatini e, nei loro spazi condivisi: le cucine, i bagni, i magazzini, le scuole elementari e materne, subirono la suggestione dei falansteri di Fourier. Nel 1944 vennero per errore bombardati dagli alleati che dovevano colpire invece la ferrovia. Ci furono 50 morti, molti erano bambini.
Per il centenario di Garbatella l’VIII Municipio di Roma celebrerà l’evento con un anno ricco di iniziative in collaborazione con Roma Capitale, Regione Lazio, Università Roma Tre, Ater, Camera di Commercio e Fondazione Palladium.
*Per saperne di più: il volume Garbatella 100, il racconto di un secolo, coordinato dal giornalista Gianni Rivolta