Prima il Popolo dei fax, poi i Girotondi, quindi il Popolo viola, infine il Popolo del Teatro Brancaccio. Quattro movimenti nati improvvisamente e altrettanto repentinamente scomparsi. Le Sardine a Bologna non vogliono fare la stessa fine. Nate a sorpresa nel capoluogo dell’Emilia Romagna il 14 novembre scorso, non vogliono smobilitare.
Non vogliono disintegrarsi come i movimenti politici radicali degli ultimi trent’anni emersi come pungolo critico-antagonistico del Pds-Ds-Pd, eredi del Pci, e velocemente cancellati dalla scena politica italiana senza lasciare traccia.
L’obiettivo è la sconfitta del Carroccio alla guida del centro-destra nelle elezioni regionali di domenica 26 gennaio in Calabria e, soprattutto, in Emilia Romagna. Appoggiano il centro-sinistra. Le Sardine a Bologna due mesi fa, a sorpresa, sono scese per la prima volta in piazza per contestare il sovranismo populista di Matteo Salvini; poi si sono moltiplicate in un centinaio di manifestazioni in città italiane e perfino estere; quindi hanno invaso piazza San Giovanni a Roma in un raduno nazionale di 100 mila persone; infine il 19 gennaio sono tornate in 40 mila nel capoluogo dell’Emilia Romagna. Mattia Santori ha sprizzato gioia: «Le piazze tornano ed essere piene». Il portavoce delle Sardine è soddisfatto: «Siamo qui a Bologna per dire che una alternativa effettivamente c’è».
Intende una alternativa di partecipazione, di dialogo contro il clima di “intolleranza” e di “odio” provocato dalla Lega. Il giovane Santori scommette e spera nella sconfitta del Carroccio: la prima debacle in Emilia Romagna «potrebbe essere dirompente» per il sovranista Salvini, che come Donald Trump, finora ha sempre vinto. Certo l’impresa non è facile. Per la prima volta in 70 anni il centro-destra potrebbe spuntarla nella regione rossa per eccellenza.
Comunque le Sardine non vogliono essere archiviate: sia in caso di vittoria sia in caso di sconfitta del centro-sinistra, non intendono farsi da parte. In che modo? Ancora non è chiaro. Il portavoce della Sardine, alle aperture di Nicola Zingaretti a far parte del “nuovo Pd”, ha reagito con cautela. Pd e la stessa parola partito è guardata con avversione da una parte delle Sardine. Perciò ha risposto con prudenza all’invito: «Per noi è troppo presto, siamo un movimento ancora informale…Abbiamo ancora tanto da fare».
Matteo Salvini, impegnato in una estenuante e infuocata campagna elettorale in Emilia Romagna per espugnare la storica regione rossa, non la pensa così. Il segretario della Lega ha preconizzato: «Vogliono fare un partito e cancellare i decreti sicurezza».
Le strade davanti a Santori e i suoi giovani compagni di viaggio sono tante: un partito autonomo, l’adesione al “nuovo Pd” annunciato dal segretario dei democratici, una lista elettorale collegata al centro-sinistra alle politiche, un movimento indipendente. Sulla scelta conteranno volontà, rapporti di forza ed evoluzione degli equilibri politici. Un fatto è sicuro: le Sardine hanno scoperto le piazze e non vogliono tornare a casa, non vogliono essere cancellate. Lo scontro è tra centro-sinistra e centro-destra, mentre i cinquestelle sono stretti in un angolo.