Di Maio che si dimette da “capo politico” per non farsi attribuire un nuovo, più che probabile, tonfo elettorale di Cinquestelle è solo l’ultima conferma del fallimento della politica liquida. La fine del Movimento che, solo l’altro ieri ha fatto il pieno di voti alle elezioni politiche e adesso sembra destinato all’irrilevanza, non è la sconfitta di un leader.
Infatti Di Maio non è stato riconosciuto come tale nemmeno dentro il M5S di cui, non era il segretario, come si usa ancora nei vecchi partiti del Novecento, che poi il loro numero uno lo eleggono in congresso dove i candidati al vertice si sfidano con i rispettivi programmi. Di Maio era solo la figura che Grillo e Casaleggio avevano nominato “capo politico”, definizione completamente sconosciuta nei vecchi partiti, e che suona, come un termine aziendale, per un ruolo che assomiglia a quello di un direttore generale. Il tutto senza un progetto, senza un programma degno di questo nome, senza un congresso e naturalmente senza un’elezione.
La rapida ascesa e l’altrettanto rapida caduta del Movimento-azienda inventato da Grillo e Casaleggio (padre), dopo il clamoroso fallimento del M5S in tutte le prove di governo in sede nazionale e locale, dimostra una volta per tutte che una classe politica non può nascere dal nulla. Che Internet non basta. Che uno non può valere uno e che la competenza non è un optional. Come non lo era nei vecchi partiti, a cominciare da quelli della vituperata Prima Repubblica.
La conferma di questa verità, ignorata da tanti movimenti populisti nati dal risentimento e scomparsi nel giro di un paio di elezioni, viene ancora una volta dal piccolo Portogallo, paese alla periferia dell’Ue, dove non esistono Movimenti populisti, dove la lotta politica non si fa attraverso i social, ma si svolge nelle sedi di partito e in Parlamento. Una regola che vale per tutti.
All’interno del Psd, il Partito socialdemocratico battuto nettamente dal Partito socialista del premier Antonio Costa nelle ultime elezioni amministrative e alle politiche di ottobre, si è appena conclusa una durissima battaglia contro il segretario accusato della crisi del partito che prima dell’avvento di Costa guidava il governo. La battaglia si è conclusa con la conferma di Rui Rio, che però ha dovuto misurarsi in congresso con l’opposizione interna guidata dall’ex premier Santana Lopez, che ha perduto per una manciata di voti.
Ma la lotta politica non impedisce ai partiti portoghesi di guardare oltre. E se Rui Rio conferma di essere pronto a votare in Parlamento alcuni provvedimenti del governo Costa su materie ritenute “essenziali” per il Paese, anche il Partito socialista allarga il suo sguardo.
In una intervista pubblicata il 17 gennaio scorso dal quotidiano Publico, il nuovo segretario generale aggiunto José Luis Carrera ha annunciato la creazione di una scuola di partito destinata alla «formazione politica dei quadri». Il vice di Costa critica i partiti che «limitano la loro azione alle campagne elettorali» senza strutturarsi, senza prepararsi a pianificare e a progettare aprendosi al mondo esterno, ai simpatizzanti e ai giovani. Per realizzare questo obiettivo, il Ps ha deciso di strutturarsi meglio e di avviare «un lavoro regolare per la formazione e la qualificazione di quadri e dirigenti». Insomma, un vero e proprio “canone inverso” rispetto al dilettantismo e alla politica dell’ ”uno vale uno”, che in Italia si sta ritorcendo contro i Cinquestelle.