Busso alla porta di legno. La risposta di Gino Giannetti è immediata: «Entra!». Gli stringo la mano e l’abbraccio: «Ho faticato a trovarti…Sei occupato!? Vengo un’altra volta?». Fa cenno di no: «Resta! Devo parlare con queste persone…Poi parliamo noi».
Il posto è incantato. Lo studio di scultore di Gino è a Trastevere, ai piedi del verde del Gianicolo. Gino è un mio vecchio amico di quando ero ragazzo. Qualche mese fa l’ho incontrato sull’autobus, non lo vedevo da quarant’anni, da quando io ero un giovane cronista del servizio sindacale dell’Avanti! e lui era un altrettanto giovane sindacalista nella segreteria di Agostino Marianetti, deciso sostenitore del Patto anti inflazione ideato da Enzo Tarantelli, proposto e realizzato nel 1984 da Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio. Marianetti era il segretario generale aggiunto socialista della Cgil, invece il segretario generale della confederazione era il comunista-riformista Luciano Lama. Gino Giannetti, già dagli anni Settanta pittore-scultore, fondò anche il sindacato degli artisti.
Nella testa mi sfilano tante care immagini del mio passato remoto. Ogni tanto andavo a trovarlo nella sede della Cgil a Corso d’Italia a Roma. Parlavamo di tutto ma il pezzo forte era la politica e il sindacato.
Alzo la testa e mi guardo attorno. Resto sbalordito. Mi sembra di essere nello studio di uno scultore del Rinascimento: dai finestroni del tetto arriva un’ondata di luce che illumina a giorno ceselli e incudini. Bozzetti di cera e sculture di tutti i tipi sommergono la stanza e le alte pareti.
Sfoglio un po’ di libri d’arte poggiati sui tavoli e scopro che Gino da decenni è uno scultore famoso: è stato un allievo di Pericle Fazzini. Sintetizzo per brevissimi cenni: nel 1990, destinata a Genova, ha creato La Vela di Colombo in occasione dei 500 anni dalla scoperta dell’America (una copia dell’opera è a New York); nel 2006 ha realizzato la Porta di Bronzo nelle mura cinquecentesche del Vaticano a piazza Risorgimento; nel 2011 ha completato la realizzazione del grandioso monumento del Bimillenario Cristiano all’Università di Tor Vergata. Ha lavorato molto nelle chiese di Roma, al Vaticano, per i papi (in particolare per Benedetto XVI). Il Vaticano gli ha commissionato grandi e piccoli lavori impegnativi. Vanta un lavoro d’artista con i papi come committenti, un po’ come nella tradizione dei grandi scultori come Michelangelo.
Gino Giannetti è un uomo alla mano, acuto, entusiasta. Conversa con entusiasmo con due signori, estimatori e possibili acquirenti. Discutono delle sculture abbozzate o realizzate presenti nello studio, parlano anche di una possibile mostra. I due ospiti escono estasiati.
Io guardo delle opere e non mi contengo: «Sono sculture molto raffinate e belle!». Risponde citando Moravia: «L’arte è un atto d’amore!». Indica un bronzetto: «Cavallo e cavaliere s’intrecciano, quasi formano un tutt’uno! Devi sentire l’opera!». Prende una scultura di Davide e Golia, la descrive: «Davide ha ucciso Golia. Tiene in mano la spada e la testa di Golia. Pensa al dopo…». Gira su un piedistallo di legno girevole una statuetta di Perseo, poi due ballerini. Commento: «Penetrano nell’animo, sono il simbolo dell’armonia!». Annuisce: «L’armonia…, sì. Questa è arte. Ma quanta fatica costa! Basta un minimo errore nella colata di bronzo e si butta tutto!».
Il computer è della partita o è un lavoro tutto umano anche per i calcoli matematici? Mostra un quaderno zeppo di appunti e di cifre: «Niente computer, faccio tutto da solo. Carta, penna e testa. I computer li hanno fatti gli uomini. Noi siamo meglio».
Lo studio, la bottega, ma gli allievi dello scultore? Si rabbuia in viso: «Non ho allievi! Ho avuto dei collaboratori, ma adesso lavoro da solo». Come mai? Fa una smorfia addolorata: «Occorre avere la capacità di lavorare la cera, il marmo, il legno. Bisogna saper usare il cesello. Modestia, mestiere, avere qualcosa da dire. Ecco come nasce un artista. I ragazzi che hanno lavorato con me avevano i primi due requisiti, ma non il terzo!». Insomma, non avevano niente da dire, niente talento.
Gino Giannetti, 69 anni, da ragazzo pittore e poi scultore su pietra, marmo, legno e bronzo, è sconsolato: «È così. Sono rimasto l’unico scultore operativo del 1900. Sono l’ultimo dei mohicani! Dopo di me è tutto finito. E pensare che la scuola di scultura italiana per millenni ha prodotto tesori d’arte a non finire. Ho anche provato a cercare di superare gli ostacoli con delle leggi per aiutare gli artisti. Ci ho provato con vari governi. Ma al massimo le proposte di legge arrivavano in commissione alla Camera, ma mai al voto in aula. C’era sempre qualcosa di più importante da fare! È una tristezza…!».