Ma chi l’ha detto che non avremmo più avuto una compagnia di bandiera? Che nel nostro Paese non ci sarebbe più stato spazio per una società aerea pubblica, gestita e finanziata interamente dallo Stato?
Dopo 34 mesi di commissari straordinari e un altro miliardo e mezzo di euro versati dall’erario, l’Alitalia, di fatto, è tornata ad essere quella che era ai tempi dell’Iri: un’azienda di Stato. E non si tratta nemmeno di un ritorno temporaneo, perché Giuseppe Leogrande, il nuovo commissario unico nominato dal governo per ristrutturare l’azienda e renderne possibile la vendita (a Lufthansa), deve ancora presentare il suo piano di tagli di costi e di personale.
Quindi non è realistico pensare che, come recita il decreto di nomina, possa completare la sua opera entro il 31 maggio prossimo quando saranno finiti anche gli ultimi 400 milioni di “prestito” concessi dal governo. L’ipotesi più credibile è che Alitalia da giugno prossimo, e chi sa fino a quando, continuerà ad essere finanziata con denaro pubblico, perché non è possibile portarla al fallimento.
Non essendo un manager di trasporto aereo, ma un avvocato esperto di diritto fallimentare, Leogrande ha appena nominato un direttore generale che conosce il settore: Giancarlo Zeni, proveniente da Blue Panorama. Zeni, che ha firmato un contratto di un anno, e a sua volta ha nominato due dirigenti provenienti dall’estero: Marco Comani e Enrico Foresti. Questo vuol dire che il lavoro per ristrutturare l’azienda, riducendone drasticamente costi e personale non è nemmeno iniziato. Per il momento la sola cosa certa è che i 1.020 dipendenti in cassa integrazione su una forza lavoro complessiva di 11.500, non rientreranno alla scadenza del 23 marzo prossimo. Leogrande ha già detto ai sindacati che la cassa integrazione va prolungata per un tempo indefinito.
Intanto Alitalia diventa sempre più piccola e perde sempre più soldi. Nel 2019 ha perduto quasi l’uno per cento dei passeggeri e cinque aerei per il lungo raggio, mentre gli aeroporti italiani registravano un incremento del 4,6 per cento. Questo significa che la compagnia aerea italiana si trova di fronte a una lenta erosione della sua quota di mercato.
Sempre nel 2019, ha perduto altri 600 milioni di euro, cento in più dell’anno precedente. Ma è probabile che la situazione sia addirittura peggiore. Perché da quando l’azienda è in mano ai commissari (cioè da maggio 2017) non ha mai presentato un bilancio, quindi non è dato conoscere la sua reale situazione economico-finanziaria.
Di fronte a questa situazione, e al di là dei continui annunci di “svolta” di questo o quell’esponente del governo, è legittimo chiedersi a che cosa sono serviti 34 mesi di commissariamento, visto che nel frattempo Alitalia non è stata né risanata, né ristrutturata, né venduta.