Autobus che non arrivano mai, stazioni della metro chiuse per revisioni di scale mobili che durano mesi, perfino un ammutinamento dei macchinisti del treno Termini Centocelle che ha bloccato la circolazione per un’intera giornata. Inefficiente e disastrata, l’Atac, municipalizzata controllata al cento per cento dal Comune di Roma, attualmente in concordato preventivo, è un buco nero.
Eppure, paradossalmente, proprio la sua attuale inesistenza come servizio pubblico, rappresenterebbe l’occasione per una drastica ristrutturazione, con tagli e licenziamenti. Già, perché se è vero che una cura di questo tipo metterebbe i dipendenti sul piede di guerra e provocherebbe una raffica di scioperi, è altrettanto vero che alla fine i danni per gli utenti sarebbero più o meno quelli che adesso i cittadini romani subiscono a causa dell’attuale inefficienza del “servizio”. Con la differenza che, una volta ristrutturata, potrebbe diventare una normale azienda di trasporto pubblico, come quelle operanti in giro per il mondo, anche nei Paesi meno sviluppati e in città che non hanno il rango di “capitale”.
Il problema è che fin dal suo insediamento, la sindaca Raggi e la giunta Cinquestelle approdata in Campidoglio, hanno difeso a spada tratta l’Atac impedendone il fallimento pilotato e, quindi, la ristrutturazione. Non a caso, l’ingegner Rettinghieri, il direttore generale dell’azienda al tempo del commissariamento per mafia capitale che aveva licenziato alcuni dirigenti Atac, chiuso una costosissima mensa aziendale gestita dai sindacati, messo le telecamere all’ingresso delle officine di manutenzione dove rubavano di tutto, fu costretto alle dimissioni subito dopo l’insediamento della sindaca che non volle nemmeno riceverlo.
Il resto è storia nota. Gli autobus senza manutenzione andati a fuoco, gli orari di arrivo e partenza dei mezzi sempre più aleatori, con molti Gps di bordo inattivi che impediscono di tracciare le corse e di indicare i veri orari sul sito e sui pochi display esistenti alle fermate, eccetera. Fino al concordato preventivo imposto dalla Giunta per evitare un fallimento pilotato, con una serie di artifici contabili che hanno consentito di non portare i libri in Tribunale. E così l’Atac è addirittura peggiorata, trasformandosi in uno dei simboli dell’incapacità di governo dei Cinquestelle.
Purtroppo la storia continua. Adesso sembra finito nel nulla perfino l’ammutinamento dei macchinisti Atac della linea Termini Centocelle. Ai primi di febbraio, mentre la stazione metro di Barberini riapriva (ma solo per i passeggeri in uscita) dopo 319 giorni di chiusura, la linea ex “Giardinetti” è stata bloccata senza preavviso per una intera giornata da un vero e proprio sciopero bianco dei macchinisti che si sono “ammalati” in massa rendendosi indisponibili e bloccando le malandate vetture del tram che trasporta migliaia di pendolari lungo la via Casilina.
Con 37 assenti su 43 previsti nei turni (altri 5 erano di riposo, già stabilito), la ferrovia, che trasporta ogni giorno 30 mila romani, è rimasta paralizzata per 13 ore: dalle 5.30, quando avrebbe dovuto partire la prima corsa, alle 6 e quaranta di sera.
La cosa incredibile è che l’assessore alla Mobilità della giunta Raggi, Pietro Calabrese, proprio mentre l’azienda annunciava l’avvio delle ispezioni, concedeva attenuanti agli assenti. Arrivando a dire, in un video pubblicato su Facebook, che «se 37 dipendenti su 48 si assentano, il problema è serio e non può essere solo una responsabilità dei lavoratori». E così, dopo una settimana senza alcuna comunicazione di provvedimenti disciplinari, è chiaro che gli ammutinati se la caveranno senza nemmeno una sanzione.
L’incredibile protesta nasceva dalla riconversione in tranvia della linea ferroviaria, che è gestita dall’Atac, con un nuovo inquadramento dei conducenti che si ritroverebbero con una diminuzione dell’attuale stipendio. Ipotesi puramente teorica, visto che l’Atac aveva già fatto capire che i macchinisti della linea per Centocelle sarebbero stati spostati sui treni della metro e quindi non avrebbero perso nulla. Ma evidentemente gli interessati non si fidavano e hanno “voluto lanciare un segnale”.
Senza capire che l’interruzione di pubblico trasporto è un danno per migliaia di cittadini e anche un reato e che segnali di questo tipo, prima o poi, si trasformeranno in boomerang. Quando in Campidoglio arriverà, se arriverà, un’amministrazione disposta a fare sul serio e a sottoporre l’Atac a quella cura di cavallo che ormai sembra indifferibile.