I partiti cambiano velocemente posizione. È il caso dell’autorizzazione a procedere contro Salvini al Senato. Una volta no, un’altra ni e infine sì. I corteggiamenti tra Lega, M5S e Pd provocano rapidi matrimoni, veloci separazioni e anche scambi di coppia.
Mercoledì 12 febbraio l’aula del Senato ha concesso l’autorizzazione a procedere contro Salvini per sequestro di persona aggravato per aver impedito, quando era ministro dell’Interno, lo sbarco di 116 migranti dalla nave della Marina Militare Gregoretti. Una decisione esattamente opposta rispetto a quella presa lo scorso marzo: allora l’aula di Palazzo Madama disse no all’autorizzazione a procedere contro Salvini sempre per lo stesso reato; in quel caso il segretario della Lega era accusato di aver impedito lo sbarco di 177 migranti dalla nave della Guardia Costiera Diciotti.
Le differenze sono tutte politiche: un anno fa Matteo Salvini era ancora ministro dell’Interno nel governo Conte uno con i grillini. Oggi il segretario leghista è all’opposizione del Conte due, l’esecutivo cinquestelle-democratici formato lo scorso settembre da Luigi Di Maio e da Nicola Zingaretti.
Un anno fa i senatori della Lega e del M5S votarono contro l’autorizzazione a procedere e il centro-sinistra fu sonoramente battuto. Adesso i senatori del Carroccio non hanno partecipato al voto, quelli pentastellati hanno capovolto il no dello scorso anno in un secco sì affiancati ai nuovi alleati del centro-sinistra. La mozione Forza Italia-Fratelli d’Italia contro l’autorizzazione a procedere del Tribunale di Catania è stata così bocciata.
Alcuni senatori grillini ammettono senza remore il motivo del giro di valzer: «Allora eravamo alleati di Salvini». La motivazione ufficiale, però, è un’altra: «Salvini ha usato i migranti», adesso ci sono nuove regole europee sugli immigrati. Il segretario della Lega ne fa un caso politico: «Ho difeso la patria. Non voglio un premio ma se ci deve essere un processo che ci sia. Non ho agito da solo».
“Il Capitano”, con quel «non ho agito da solo», sembra chiamare in causa il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Di Maio con tutti i ministri grillini allora al governo con lui. Difatti lo scorso marzo ringraziò «i colleghi 5 Stelle perché le cose si fanno in due, evidentemente».
La coppia populista scoppiata Salvini-Di Maio ha causato pesanti contraccolpi politici. Di Maio, dopo ripetute disfatte elettorali, prima come alleato dei leghisti e poi come alleato dei democratici è stato costretto a dimettersi da capo politico del M5S e gli è rimasta la sola carica di ministro degli Esteri.
Ancora sorprese. Vito Crimi, il reggente del M5S, ha annunciato una manifestazione di protesta il 15 febbraio a Roma contro l’ipotesi di un reintegro dei vitalizi per 700 senatori in pensione e a sostegno dell’allungamento della prescrizione sostenuta dal ministro della Giustizia Bonafede (contestata da Zingaretti e, soprattutto, da Renzi che in commissione alla Camera vota con il centro-destra). Di Maio ha concordato sul ritorno in piazza «contro questo osceno atto di restaurazione che inizia con questo atto di vitalizi». Giro di valzer: i cinquestelle manifestano contro il loro governo e accostano verso la Lega all’opposizione.
Certo anche Zingaretti ha avuto i suoi guai dal matrimonio governativo con i grillini, dopo anni di furenti attacchi e insulti reciproci. Il Pd ha subito la scissione di Italia Viva di Matteo Renzi che fa traballare l’esecutivo giallo-rosso. In più Zingaretti è stato costretto a repentine giravolte. Ad ottobre, ad esempio, ha votato a favore della legge costituzionale per il taglio dei parlamentari, fortemente voluta da Di Maio, in precedenza bocciata per ben tre volte nelle Camere.
Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd, quattro mesi fa fece un discorso imbarazzato: «Abbiamo l’onere di spiegare perché, in quarta lettura, votiamo sì a un testo su cui abbiamo votato no nelle precedenti tre votazioni». Formalmente illustrò il sì con la necessità di accompagnare la riduzione dei parlamentari con una nuova legge elettorale e con delle revisioni della Costituzione. Di fatto motivò la scelta con la nuova intesa di governo con i cinquestelle: «Abbiamo costruito un contesto a partire dalla formazione del nuovo governo». La coppia Lega-M5S era scoppiata e quella grillini-democratici era nata. Tuttavia anche questa seconda coppia non gode di buona salute, ha la febbre alta.