Sfiorato per un soffio il crac. Christine Lagarde ha cominciato malissimo il suo mandato di presidente della Banca centrale europea. Al primo appuntamento impegnativo e drammatico, il Coronavirus, con una gaffe ha messo ko la Borsa di Milano, quelle europee e Wall Street.
Giovedì 12 marzo, dopo molteplici tonfi, la Borsa di Milano è sprofondata addirittura del 16,92%, il peggior disastro della sua storia. Ma anche le altre piazze internazionali sono andate malissimo: le Borse europee e Wall Street si sono inabissate dell’8-10%. Christine Lagarde ha annunciato un aumento del “quantitative easing” (gli acquisti di titoli del debito pubblico e di aziende europee) di 120 miliardi di euro entro il 2020 e l’ampliamento dei prestiti alle banche e alle imprese di Eurolandia a tassi superagevolati.
Ma la presidente della Bce non ha tagliato i tassi d’interesse e, soprattutto, ha commesso una gravissima gaffe: non ha difeso la riduzione della forbice dello spread («Non siamo qui per chiudere gli spread») tra i titoli del debito pubblico decennali tedeschi e quelli più deboli come quelli italiani. In sostanza ha fatto dubitare sulla tenuta dell’euro. Di qui il collasso a catena: della Borsa di Milano, delle piazze europee e del mercato di New York.
Solo una precisazione del capo economista della Bce, Philip Lane, effettuata la mattina di venerdì 13 marzo, di fatto una smentita a Christine Lagarde, ha impedito il totale tracollo globale: la banca centrale di Francoforte è pronta ad adottare tutti gli strumenti per assicurare che gli alti spread «non mettano in pericolo» la stessa vita dell’euro e dell’Unione europea. Si è risentita l’impostazione politico-finanziaria di Mario Draghi.
La rassicurazione, in chiave di continuità con l’interventismo dell’ex presidente della Bce Draghi, ha riportato un po’ di tranquillità. La Borsa di Milano venerdì 13 marzo (una data certo non beneaugurale) ha chiuso le contrattazioni guadagnando il 7,12%, le piazze europee hanno ripreso fiato e Wall Street ha segnato un brillante più 9,36%.
Ad evitare la bancarotta dell’Italia e della Ue ha contribuito in modo determinante anche Ursula von der Leyen. La presidente della commissione europea, dopo il timido vertice dei capi di governo e di stato della Ue di martedì 10 marzo (tenuto in videoconferenza per scongiurare pericolosi contagi da Covid-19), sempre venerdì 13, ha dato una robusta sterzata annunciando: «Concederemo la massima flessibilità sul patto di Stabilità e gli aiuti di Stato». Ha assicurato: «Siamo assolutamente pronti ad aiutare l’Italia con tutto quello di cui ha bisogno». Finalmente si è vista la «solidarietà» dell’Europa sollecitata dal presidente della Repubblica Mattarella e dal governo Conte.
In sintesi: davanti al cataclisma del virus cinese Ursula von der Leyen ha aperto le porte alla sospensione del Patto di stabilità dell’euro, permettendo all’Italia di avere un deficit di bilancio oltre la fatidica soglia del 3% del Pil per finanziare straordinari interventi sanitari ed eccezionali azioni a sostegno del reddito dei lavoratori e delle aziende in attività ridotta o del tutto chiusa. Ha anche annunciato interventi per 37 miliardi di euro in favore dei paesi colpiti dal virus cinese.
È urgente un grande piano d’investimenti europeo nella sanità, nelle infrastrutture, nelle aziende a rischio fallimento, nelle nuove tecnologie, nell’ambiente. Va sostenuta l’offerta e la domanda. È urgente un grande piano politico per salvare la popolazione da una ecatombe sanitaria, sociale, occupazionale, economica. La Francia l’ha capito. Il presidente Emmanuel Macron ha definito il Coronavirus la peggiore pestilenza che ha colpito la Francia negli ultimi cento anni.
Il vertice dei ministri delle Finanze di Eurolandia di lunedì 16 marzo è un passaggio cruciale per dare il via libera a scelte innovative. Finora la Ue ha fatto ben poco per combattere il Coronavirus e per aiutare l’Italia, il paese più devastato dal morbo arrivato dalla Cina.
Un “virus bond” lanciato dall’Europa potrebbe essere uno strumento adatto per un’azione comune. I paesi del nord Europa, in testa la Germania, devono mettere mano al portafoglio nel loro stesso interesse, accantonando mortali egoismi. Berlino sembra aver capito la gravità della situazione. La cancelliera Angela Merkel vara «misure eccezionali» per la Germania: alle imprese andranno crediti illimitati, fondi sociali e agevolazioni fiscali per ben 550 miliardi di euro.
L’Europa è all’ultima chiamata, se manca una risposta valida va incontro a un disastroso disfacimento. Forse sarebbe utile una telefonata a Mario Draghi, presidente della Bce prima di Christine Lagarde.