Hanno il dolore per gli oltre 6 mila morti causati dal Coronavirus e il terrore del futuro. Sono piccoli imprenditori, artigiani, commercianti e professionisti nel vortice della crisi economica. I lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori in particolare, sono sempre stati la grande ricchezza dell’Italia. Ma questo glorioso esercito di lavoratori rischia di finire in mezzo alla strada. I vari decreti di Giuseppe Conte, via via, hanno rallentato fino quasi a bloccare ogni attività produttiva «non cruciale» per arrestare la travolgente propagazione (soprattutto in Lombardia) del Covid-19. Così i lavoratori indipendenti, con l’attività paralizzata o quasi, sono vicino al collasso.
L’Italia rischia una valanga di fallimenti e di disoccupati. Il turismo, in testa gli alberghi quasi tutti chiusi, è prossimo a una bancarotta gigantesca con ricadute a catena. Tiziana Giammarino, commercialista, è assediata da clienti che non ce la fanno più a pagare l’affitto, le tasse e i contributi previdenziali. Lancia «un appello disperato» al presidente del Consiglio in un video autarchico messo su Internet. Si fa portavoce dei piccoli imprenditori, artigiani, commercianti sull’orlo del tracollo. Boccia il decreto Cura Italia e ne chiede un altro, «di Rinascita Italia» anche perché l’economia italiana «è morta da tempo».
Nel sistema produttivo nazionale, già la situazione si era fatta difficilissima da molti anni per le continue crisi e recessioni. L’Istat, l’istituto nazionale di statistica, aveva tracciato un quadro preoccupante già prima dell’emergenza Coronavirus. Lo scorso dicembre il numero dei lavoratori indipendenti era sceso di 16 mila unità a quota 5.255.000, il livello più basso dal 1977. Crisi, incertezza, tassazione alta e complicata sono state delle pesanti “mazzate”. In particolare negli ultimi dieci anni, secondo la Cgia (l’Associazione piccole imprese e artigiane di Mestre), 165 mila artigiani hanno chiuso i battenti. Una botta pesantissima c’è stata anche per i commercianti: negli ultimi dieci anni hanno abbassato le saracinesche, secondo le varie indagini, tra 70 mila e 200 mila negozi (alla crisi si è sommata la concorrenza dei supermercati e delle vendite online).
In fortissimo allarme del resto è anche l’industria manifatturiera, in testa quella delle grandi imprese. Il presidente della Confindustria Vincenzo Boccia ha suonato la sirena di allarme verso Conte: «Se chiudiamo il 70% delle attività, ossia quelle non essenziali, significa che perdiamo 100 miliardi ogni 30 giorni». È un problema complicato, però, la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini prevale sulle esigenze della produzione. In molte fabbriche italiane sono scattati degli scioperi contro aperture degli impianti ritenute non essenziali.
I piccoli imprenditori, artigiani, commercianti e professionisti sono in una situazione fragilissima. Il governo ha destinato agli oltre 5 milioni di lavoratori autonomi circa 3 miliardi di euro in aiuti di vario tipo. In particolare ha stanziato un indennizzo di 600 euro sul quale c’è stata una grande incertezza d’interpretazione.
Così Palazzo Chigi ha precisato in un comunicato stampa: l’indennizzo di 600 euro è «su base mensile, non tassabile, per i lavoratori autonomi e le partite Iva». Probabilmente l’indennizzo proseguirà anche dopo marzo, compatibilmente con le coperture finanziarie.
Ma Tiziana Giammarino critica i provvedimenti di Conte: «Non si lavora» e «non ce la facciamo più!». Sottolinea: «Non ce la facciamo più da venti anni!». In particolare sollecita il presidente del Consiglio a riformare il sistema fiscale italiano che affonda le radici negli anni ‘70 e ’80 mentre tutto un mondo è cambiato: «Caro Conte, rivediamo tutto il sistema tributario italiano» che risale ad oltre 40 anni fa.
Invita a cambiare tutto pena il naufragio economico, sociale e occupazionale. Dà del tu a Conte e gli fornisce un consiglio: «Devi farti aiutare da chi conosce le cose». Esorta: «Diamoci da fare!».