L’auto chiude bottega e lascia il passo alle mascherine e ai respiratori. Il cambiamento è epocale. Per le strade di Roma, come un po’ in tutta Italia, le automobili sono quasi scomparse mentre le poche persone in giro hanno le mascherine sul viso. La paura del Coronavirus ha cambiato tutto: ritmi di vita, abitudini, consumi e produzioni industriali.
Molte case automobilistiche per proteggere la salute dei lavoratori, e anche perché non vendevano più nulla, hanno chiuso le fabbriche a marzo. Bmw, Volkswaghen, Daimler Benz, Psa, Renault hanno sospeso la produzione negli stabilimenti in Europa.
La Fiat Chrysler Automobiles ha chiuso gli impianti in Europa e in Nord America (come General Motors e Ford) e progetta una strana riconversione in chiave di Coronavirus: costruirà mascherine protettive per il viso e ventilatori necessari nei reparti di terapia intensiva degli ospedali. Mike Manley, in una lettera ai dipendenti Fca resa nota dalla Uilm (il sindacato dei metalmeccanici della Uil), ha annunciato: «Avvieremo tutte le attività necessarie per convertire uno dei nostri stabilimenti alla produzione di mascherine facciali». L’amministratore delegato del gruppo italo-americano ha indicato l’obiettivo di produrre, probabilmente in una fabbrica in Asia, «oltre un milione di mascherine al mese che saranno donate ai primi soccorritori e agli operatori sanitari».
La distribuzione della produzione comincerà dal Nord America mentre il Lingotto ha acquistato in Cina un primo lotto di 250 mila mascherine destinate all’Italia. Fca e Ferrari, entrambe di proprietà della famiglia Agnelli-Elkann tramite la società Exor, progettano una riconversione sanitaria. Stanno discutendo con la Siare, il maggiore produttore italiano di respiratori, un piano per aumentare la produzione destinata ai reparti di terapia intensiva della Penisola. Manley ha indicato l’obiettivo di aiutare l’azienda bolognese specializzata in macchinari sanitari di terapia intensiva «a raddoppiare la loro produttività».
Sulla stessa linea si sta muovendo la Ford negli Usa. La multinazionale americana sta studiando come utilizzare i ventilatori delle auto per creare ventilatori medici più efficienti. Invece il presidente americano Donald Trump ha ordinato alla General Motors di costruire ventilatori per le terapie intensive.
La famiglia Agnelli-Elkann ha annunciato una donazione di 10 milioni di euro per combattere il Covid-19 in Italia mentre Exor ha acquistato 150 ventilatori all’estero e fornito veicoli per l’assistenza a persone bisognose.
John Elkann cerca di prestare aiuto a tutte e due le parti del suo impero automobilistico sconvolte dalla pandemia: l’Italia (la parte antica) e gli Stati Uniti (la parte nuova e ricca). Il presidente di Fca e di Exor ha il problema di essere presente e solidale nella gravissima emergenza sanitaria del Coronavirus sia in Italia (dove è nata la Fiat) sia negli Usa (dove sono le maggiori produzioni e vendite di auto).
Storicamente le grandi case automobilistiche hanno sempre avuto un ruolo chiave in tutti i passaggi cruciali dei loro paesi. È stato così nelle guerre. La Fiat nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale convertì buona parte della sua produzione in veicoli militari ed armi per aiutare lo sforzo bellico dell’Italia. Ora una analoga conversione sta avvenendo per il Coronavirus: con le mascherine e con i ventilatori sanitari.
Certo le differenze sono forti: 1) una volta le società automobilistiche erano nazionali, ora sono globali; 2) questa è una conversione di livelli minimi rispetto a quelle delle guerre mondiali. Al Lingotto c’è una ansiosa attesa per la fine della pandemia e per la ripresa della normale produzione. Manley è al lavoro per «assicurare che Fca emerga da questo momento più forte che mai». Per Fiat Chrysler Automobiles i prossimi 12 mesi sono decisivi. Entro i primi mesi del 2021 dovrebbe divenire operativo l’accordo di fusione paritaria con il gruppo francese Psa. Tuttavia il ciclone Covid-19, che ha terremotato sia Fca sia il gruppo Peugeot, potrebbe far saltare la fusione. La pandemia sta rimettendo in discussione tutto.