L’Alitalia allo Stato?
Una “compagnia
aerea di bandierina”

E adesso? Chi se la compra più l’Alitalia, con i voli quasi azzerati in tutto il mondo e le grandi compagnie aeree messe in ginocchio dalla pandemia? Ovviamente nessuno.

E infatti il 18 marzo, quando (dopo tre anni) l’amministrazione straordinaria ha finalmente messo in vendita la compagnia “spacchettata”, ossia divisa in tre lotti (volo, handling e manutenzione) per i quali si accettavano offerte separate, non si è fatta avanti nessuna grande compagnia aerea. Né la manifestazione di interesse di Almaviva sembra destinata ad approdare in qualcosa di concreto, visto che la società propone di intervenire “in cordata” con «altre» non meglio identificate  «società italiane del settore information technology».

Almaviva, Passeggeri scendono da aereo Alitalia

Passeggeri scendono da aereo Alitalia

Insomma, anche l’ultimo termine fissato per le offerte di acquisto è finito nel nulla. E quindi non resta che lo Stato, visto che il Coronavirus ha aperto la strada al definitivo ritorno dell’ex compagnia nazionale di bandiera in mano pubblica. Infatti nel decreto “Cura Italia” sono previste le nazionalizzazioni.

Per l’Alitalia la strada indicata adesso dal governo ai sindacati è quella della costituzione di una nuova società interamente pubblica e un consiglio di amministrazione con dentro i rappresentanti dei lavoratori. Ma il problema è capire che tipo di compagnia uscirà dal cilindro di Palazzo Chigi. Visto che oggi, con i nuovi dipendenti finiti in Cig fino a ottobre prossimo per via del Coronavirus, i cassintegrati dell’azienda sono arrivati a quota seimila. Il rischio quindi è che la nuova Alitalia, con un altro bel taglio di aerei, rotte e dipendenti, diventi una compagnia di bandierina.

Un vettore regionale destinato a perdere altri soldi, perché non in grado di competere sulle rotte internazionali, le sole che consentono di fare utili. Che poi, a ben guadare, è da anni il grande problema che ha trasformato l’azienda in una macchina mangiasoldi. Per capirlo, basta ripercorrerne brevemente la storia degli ultimi anni.

Almaviva, Ala di aereo Alitalia

Ala di aereo Alitalia

Dal fallimento del 2007 alla privatizzazione del 2008, quando il governo Berlusconi la “regalò” ai “patrioti” di Cai guidati dall’ex “capitano coraggioso” dalemiano Roberto Colaninno. L’azienda fu consegnata ai nuovi azionisti pulita da tutti i debiti (pagati dallo Stato) e alleggerita di settemila dipendenti messi per sette anni in cassa integrazione speciale a carico del sistema previdenziale. Un’operazione che costò all’erario oltre quattro miliardi di euro.

Ma i “patrioti” di Cai perdevano più di 600 mila euro al giorno, e dopo quattro anni di bilanci in profondo rosso, bruciato il capitale, gettarono la spugna.  

Nel 2014 la compagnia sembrava finalmente fuori dalla tempesta, grazie a Ethiad che aveva acquistato il 49 per cento e assunto il controllo. Nemmeno i petrodollari fecero il miracolo. Tre anni dopo, l’emiro di Abu Dhabi dichiarò forfait e la partita tornò nelle mani del governo che mise mano al portafoglio con un primo “prestito ponte” e nominò tre commissari liquidatori.

Almaviva, Fusoliera di un aereo Alitalia

Fusoliera di un aereo Alitalia

Ma la vendita a Lufthansa, che sembrava cosa fatta con Gentiloni a Palazzo Chigi, sfumò, perché era arrivato il governo gialloverde (con Salvini, ma soprattutto Di Maio) che vedeva come il fumo negli occhi il colosso aereo tedesco che avrebbe preso solo la parte volo e chiedeva una ristrutturazione con taglio di personale e riduzione dei costi per trasformare Alitalia in una sua sussidiaria.

E così all’inizio del 2020, dopo 34 mesi di commissari straordinari l’Alitalia riceve altri 400 milioni dallo Stato, e siamo a un miliardo e mezzo, con cui dovrebbe volare fino a maggio. Giuseppe Leogrande è il nuovo commissario unico nominato dal governo per ristrutturare l’azienda e renderne possibile la vendita (a Lufthansa) anche a pezzi.

Cosa che cercherà di fare a metà marzo. Troppo tardi, perché intanto è arrivato il Coronavirus e l’Alitalia non la prende più nessuno.