“Solidarietà” e “interesse”. La classe dirigente tedesca si spacca sui Coronabond europei chiesti da Giuseppe Conte e contestati da Angela Merkel. E si divide l’Europa: il “no” del Nord (Germania, Olanda, Austria, Finlandia) contro il “sì” del Sud (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia più altri quattro paesi).
Il fermo “no” a ogni tipo di eurobond di Angela Merkel, della Bundesbank, della destra e dell’ala rigorista della finanza tedesca s’incrina ma resta. S’incrina ma resta la narrazione dello storico blocco politico e sociale della “frugale” Germania contro lo sperpero dei soldi dei risparmiatori tedeschi per finanziare la “cicala” Italia e gli “scialacquoni” italiani.
C’è un ripensamento in Germania, c’è un’autocritica, tuttavia rimane minoritaria. È confinata all’ “altra Germania”: una parte dei socialdemocratici, i verdi, i settori progressisti dell’economia e dell’informazione. La catastrofe dei 50.000 morti causati dal Covid-19 in Europa (soprattutto in Italia, Spagna e Francia) non hanno cambiato il “no” ai Coronabond dei paesi “falchi”.
Gerhard Schröder è sceso in campo senza grande successo. L’ex cancelliere socialdemocratico tedesco ha sollecitato con parole garbate ma nette la Repubblica federale tedesca a mettere da parte gli egoismi nazionali in nome della solidarietà europea verso l’Italia, uno dei paesi più devastati dalla pandemia. Già il titolo dell’intervista al Corriere della Sera dice tutto: «È l’ora del debito comune, la Germania renda l’aiuto che ebbe».
Schröder pone sia un problema etico di gratitudine ricordando gli aiuti europei ricevuti dalla Germania per la ricostruzione post distruzioni della Seconda guerra mondiale, sia di interesse comune. La Repubblica federale tedesca pagherebbe prezzi economici e politici altissimi, ha sostenuto, se l’Italia e gli altri paesi mediterranei cadessero in una nuova gravissima recessione, se saltasse l’euro e l’Unione europea.
I Verdi tedeschi spingono per gli eurobond. Robert Habech, leader dei Grünen, è stato netto: «Sostengo la causa dei Coronabond. Gli Stati economicamente più forti come noi devono aiutare quelli che stanno peggio. È nell’interesse tedesco che l’economia italiana sopravviva alla crisi».
Steffen Klusmann ha ripetuto gli stessi concetti sullo Spieghel. Il redattore capo del prestigioso giornale tedesco, però, ha usato parole durissime verso i suoi connazionali. Il titolo dell’editoriale è: «Il rifiuto tedesco degli eurobond è non solidale, gretto e vigliacco». Anche Steffen Klusmann, in contrapposizione con altri giornali tedeschi, pone un problema etico di gratitudine verso gli aiuti europei ricevuti dalla Germania per la ricostruzione post bellica, di solidarietà ineludibile.
Ma mette sul piatto anche l’interesse nazionale tedesco a sostenere l’Italia con i Coronabond o con altri mezzi comuni di emissione del debito. Berlino, è il ragionamento di Klusmann, pagherebbe qualcosa in più per sostenere la debolezza di Roma ma impedirebbe il disastroso naufragio dell’Italia (e dell’Europa compresa la Germania). Ha argomentato: con un ennesimo no al Coronabond salirebbero alle stelle i tassi d’interesse sui Bpt e Bot italiani e sarebbe una bancarotta per tutti, paesi forti del Nord e nazioni deboli del Sud.
La storia non va falsificata. L’Unione europea e l’euro hanno costituito un grandissimo vantaggio economico per la Germania. Hanno rappresentato un grande mercato. Non solo. Le esportazioni industriali tedesche hanno potuto bruciare ogni primato anche grazie alla debolezza italiana e degli altri paesi mediterranei. La Germania, senza l’euro, avrebbe avuto un marco troppo forte che avrebbe messo fuori mercato il suo export. La moneta unica, espressione anche della debolezza italiana, ha invece un valore di cambio inferiore sui mercati internazionali, così la valanga di merci tedesche ha potuto essere venduta a prezzi concorrenziali. Non solo. La solidità tedesca ha drenato capitali in fuga dall’Europa del sud e il sistema produttivo di Berlino è stato finanziato a tassi irrisori.
Solidarietà europea, dunque, nell’interesse comune. È inesistente la beneficenza sbandierata dalla destra tedesca e, soprattutto, da quella estrema sovranista e populista a caccia di voti. Angela Merkel e la classe dirigente tedesca dovrebbero spiegarlo bene al ceto medio e ai lavoratori colpiti dalla crisi e dai tagli allo stato sociale. Il vero nemico per i ceti popolari in Europa, come negli Stati Uniti, è il liberismo spinto, la globalizzazione economica, che hanno compresso i diritti e precarizzato il mondo del lavoro.
Vanno rivisti gli errori. Con la solidarietà, insieme, c’è la salvezza. Con gli egoismi nazionali, con i conflitti, c’è la rovina di tutti. La cancelliera tedesca ha ribadito la contrarietà ai Coronabond, ma ha confermato a Conte il sì alla solidarietà: «Ci sono così tanti modi diversi per mostrare solidarietà e credo che troveremo una buona soluzione». Ma dalla lunga e travagliata riunione dei ministri delle Finanze dell’Eurogruppo è emersa una “piccola solidarietà”. Tra i 500 miliardi di euro di prestiti immediatamente attivabili ci sono 100 miliardi per la disoccupazione, 200 miliardi alle imprese e 240 per le spese sanitarie gestite dell’inquietante Mes (Meccanismo europeo di stabilità), il fondo Salva stati che devastò la Grecia con le sue condizioni capestro. A medio termine arriverebbero altri 500 miliardi da un Fondo per la ripresa, si parla di «strumenti finanziari innovativi» ma i Coronabond non sono nemmeno nominati.