Il mondo si è capovolto rapidamente. Fino ai primi di giorni di marzo la spesa al supermercato era una sofferenza, ora è un appuntamento desiderato. Già, siamo chiusi in casa per il Coronavirus, la spesa per comprare pane e pomodori è l’unica occasione per uscire concessa dalla valanga di decreti varati da Giuseppe Conte. Più esattamente: siamo reclusi a casa dal decreto del Presidente del consiglio dei ministri (Dpcm l’acronimo burocratico) dell’11 marzo per «il contenimento del contagio».
Il presidente del Consiglio è stato martellante: «Restate a casa!». Gli spot delle televisioni ripetono continuamente la raccomandazione di Conte: «Restate a casa!». Certo il macabro conteggio dei morti e degli infettati è terribile. Mercoledì 15 aprile l’Italia ha oltrepassato 21.000 vittime e 165.000 contagiati. I malati sono più di 105.000 e oltre 38.000 i dimessi dagli ospedali. Ma per molti medici e matematici le cifre reali sarebbero molto più alte e tragiche. Qualcuno parla di 1.000.000 di infettati, altri di ben 6.000.000!
Così la sortita da casa è costellata da mille prudenze. In particolare c’è il «distanziamento» dalle altre persone per cercare di evitare l’infezione. La felicità per la sortita settimanale della spesa diventa ansia. La paura nelle strade semideserte si taglia a fette. Le poche persone sui marciapiedi hanno il viso coperto da lugubri mascherine. L’ansia aumenta nelle file: c’è la coda al supermercato, in farmacia, dal fruttivendolo, perfino all’edicola un tempo frequentata solo da pochi affezionati lettori.
Con pazienza io, come gli altri, ci mettiamo in fila. I pensieri e le domande sono tante: quando finirà? Le risposte degli esperti sono molto caute: probabilmente si potrà cominciare a tirare un sospiro di sollievo tra venti giorni: dal 4 maggio scatterebbe la “fase 2”, quella della graduale ripresa delle attività e della libera circolazione. Tuttavia il ritorno alla normalità sarà una strada lunga.
Vanno osservate le regole di sicurezza per scongiurare il contagio: i giornali e le televisioni sono pieni di “decaloghi” non sempre coincidenti. Comunque sono quattro le regole fondamentali quando si va fuori di casa: distanziamento di almeno un metro (meglio se due); mascherina e guanti (a contatto con altre persone); immediato e accurato lavaggio delle mani al rientro. Basterà? Speriamo di sì.
Il conteggio dei morti e dei contagiati spaventa. Ogni giorno alle 18 la Protezione Civile scodella in televisione cifre tragiche. Però, c’è un però. La “curva” delle vittime e dei malati in percentuale cala. È incoraggiante, significa che il confinamento a casa, la chiusura di tutti i negozi e di tutte le aziende non cruciali (cioè essenzialmente quelli non alimentari e non farmaceutici) sembra funzionare.
C’è il superamento del cosiddetto «picco», cioè la vetta massima della “curva” dei nuovi decessi e degli infettati: il «picco» è stato raggiunto ai primi di aprile, adesso dovrebbe seguire la riduzione fino all’arresto. Il miraggio è l’azzeramento al quale sembrerebbe prossima la Cina.
Una ricerca pubblicata dal Corriere della Sera ha dato una buona notizia: in Italia i nuovi contagi dovrebbero azzerarsi entro il 16 maggio. Magari! In fila penso a queste stime e cala l’ansia. Ma l’apprensione risale quando ripenso all’intervista sempre al Corriere della Sera del dottor Giovanni Rezza: «Macché riaperture…». Il direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità è molto prudente sui tempi di un ritorno alla vita normale, alla mobilità delle persone senza problemi e pericoli. Non si sbilancia sulle date: «Abbiamo a che fare con un virus infido…».
In tutta Europa e negli Stati Uniti il Covid-19 è in tumultuosa avanzata. Le vie delle metropoli europee e di New York ormai si presentano vuote e spettrali come quelle di Milano e di Roma. Su Internet ha spopolato un filmato da brivido. Un ragazzo, Jacopo Mastrangelo, suona con una chitarra su un tetto di Roma la struggente musica di Ennio Morricone del film “C’era una volta in America”. A un tratto la telecamera si sposta e inquadra piazza Navona tragicamente deserta. Dopo qualche giorno il giovane Mastrangelo ha replicato da una terrazza del comune di Roma, sul Campidoglio. Analogo il panorama: strade deserte nel cuore della capitale. Sono inquadrature simbolo della tragedia del Coronavirus come quelle degli ospedali italiani, in particolare i lombardi nella tempesta dell’emergenza sanitaria.
L’incertezza è tanta su tutto. Si tornerà alla vita normale a maggio, a luglio, a settembre? Forse il Covid-19 sarà sconfitto e non farà più paura solo nel 2021, con l’arrivo di una cura specifica e soprattutto di un vaccino. Di qui l’invito alla prudenza, a continuare con la regola dell’isolamento. Poi si potrà riprendere, ma severe precauzioni andrebbero adottate per 1-2 anni. Anche perché, avvertono molti medici, il rischio è di abbassare la guardia e di andare incontro impreparati a una possibile seconda ondata della pandemia in estate o in autunno. Andò così con la Spagnola nel 1918: causò 400 mila morti in Italia e circa 50 milioni di vittime in tutto il mondo. Fu una catastrofe.