Perfino i 600 euro costituiscono una zattera a cui aggrapparsi. Quasi 4 milioni di lavoratori autonomi hanno fatto domanda per l’indennizzo di 600 euro deciso dal governo per marzo (diventeranno 800 ad aprile e maggio) per il cataclisma economico causato dal Coronavirus. È un esercito di disperati: piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, liberi professionisti. Sì, perfino i liberi professionisti sono nei guai, in quasi 500 mila hanno avanzato domanda per avere i 600 euro.
Sono soprattutto i lavoratori indipendenti le principali vittime del disastro economico della pandemia: non hanno tutele mentre i lavoratori dipendenti se perdono il lavoro possono almeno contare sulla cassa integrazione e sulla indennità di disoccupazione.
Giuseppe Conte ha bloccato quasi completamente la macchina economica dell’Italia per combattere l’esplosione dei contagi. I decreti del presidente del Consiglio hanno lasciato aperte solo le “attività cruciali”: in particolare gli alimentari e le farmacie, assediati da lunghe file. Chi può lavora da casa negli uffici pubblici e nelle aziende private smanettando sul computer; usano il “telelavoro” e il “lavoro agile”.
Quasi tutto è chiuso a Roma come nelle altre città italiane: negozi di abbigliamento e di scarpe, bar, ristoranti, alberghi, bed and breakfast, teatri, cinema, musei, scuole, palestre, discoteche, stadi. Vengono saccheggiati i risparmi per andare avanti. Chi può si dà da fare in qualche modo. Il titolare di una pizza al taglio munito di mascherina ha da poco rialzato la saracinesca del negozio: «Lavoriamo di nuovo! Il negozio è chiuso al pubblico, ma prendiamo ordinazioni al telefono ed effettuiamo consegne a domicilio. Siamo un terzo di quelli di prima, ma abbiamo ripreso a lavorare! Le spese sono tante, rischiamo di chiudere!».
Chi è nella disperazione nera sono i commercianti. Puntano su Internet come àncora di salvezza, come strumento per catturare clienti. I negozi di abbigliamento, soprattutto quelli sportivi, sono tra i più colpiti. Sprangati e in attesa di poter riaprire usano i telefonini per inviare messaggini ai clienti: «Abbiamo rinnovato lo store online. Per te uno sconto del 30% sulle collezioni Primavera-Estate». Tuttavia è un’impresa difficile: è complicato comprare un vestito o un paio di scarpe online affidandosi solo alla propria taglia! Le taglie possono variare come misure da una casa all’altra e, alle volte cambiano perfino tra i capi di uno stesso produttore! Di qui la diffidenza di molte persone verso gli acquisti online e gli scarsi affari dei commercianti.
I 600 o 800 euro non bastano, va difesa l’attività economica. Gli appelli dei lavoratori autonomi a Conte si susseguono. Hanno cominciato i commercialisti. Ora un “manifesto” firmato da molti imprenditori ha lanciato una petizione: «Salviamo il turismo. Salviamo l’Italia». Il turismo, che rappresenta ben il 13% del reddito nazionale, è sull’orlo del crac: agenzie di viaggio, alberghi, bed and breakfast sono chiusi. Ma anche se fossero aperti non cambierebbe molto perché non ci sono i turisti. I milioni di turisti stranieri assieme a quelli italiani sono scomparsi da Roma, Venezia, Firenze, Napoli dai primi giorni di marzo, da quando il contagio del Coronavirus si diffuse in modo travolgente nella Penisola dalla Cina. Da allora la pandemia ha provocato ben 24 mila morti in Italia e oltre 100 mila in Europa.
Sull’orlo della bancarotta è anche il mondo dello spettacolo e della cultura. Cinema, teatri e musei sono chiusi perché sono luoghi ad alta concentrazione di persone, quindi ad alto rischio di contagio. Quando scatterà la cosiddetta “fase 2”, quella della graduale ripresa delle attività, il rispetto del “distanziamento sociale” di almeno un metro di una persona dall’altra sarà un parametro complicato da rispettare. Sarà una impresa difficile, molto più difficile che per i negozi.