In questi giorni abbiamo letto di tradimenti, faide interne, pugni sul tavolo e quel che è peggio di documenti top secret sbandierati ai quattro venti sui più importanti quotidiani nazionali. Che sta succedendo in Lega Pro? Falchi, colombe, mediatori, e una domanda chiara da mettere sul tavolo: riprenderà il Campionato? Ne parliamo, in esclusiva, con l’avvocato Jacopo Tognon, vicepresidente della Lega Pro.
Gentilezza, professionalità, moderazione e idee vincenti di un grandissimo innamorato di calcio… Avvocato Tognon, da padovano doc, come sta vivendo l’emergenza Coronavirus in una delle Regioni che purtroppo, fin da subito, è stata delle più colpite dal Covid 19?
Ho reagito come tutti, con la fortuna di poter accedere qualche volta allo studio per gli affari urgenti, sempre e solo in occasioni di comprovate esigenze lavorative. Qui da noi la situazione è nel complesso discreta, tenuto conto di quanto accade in Lombardia e in certa parte del Piemonte e dell’Emilia, ma non dimentico che il primo grande focolaio e la prima zona rossa si sono sviluppati qui a 20 chilometri da casa mia.
Dopo lo scontro tra il presidente federale Gravina e il presidente del CONI Malagò, le ripetute lamentele del patron Lotito, ed il secco niet dell’Istituto Superiore della Sanità alla ripresa del Campionato, anche la Lega Pro si divide: la recente proposta del presidente Ghirelli ha provocato una bufera, forse qualcuno l’ha interpretata in maniera sbagliata?
Premetto che capisco perfettamente la posizione del presidente Gravina, che condivido, trovo corretto provare in tutti i modi a chiudere i tornei, nel rispetto della salute pubblica e solo quando si potrà. Va detto però che la serie C ha una sua specificità e già all’assemblea del 3 aprile 2020 i club avevano posto chiaramente il tema dell’impossibilità a proseguire. Il direttivo del 18 aprile si è di nuovo espresso in questa direzione e quindi non si può fare altro che portare questo tema in delibera all’assemblea del 4 maggio. Con una doverosa precisazione: qualunque sarà l’esito toccherà comunque al consiglio federale della FIGC (con la maggioranza qualificata del 75%) decidere se dichiarare chiuso il torneo oppure no.
Domanda scomoda, nel verbale della proposta da presentare al presidente federale, si registra in parte la sua astensione. Quali delle ipotesi prospettate dal consiglio direttivo, in particolare, non la convinceva?
Nel ribadire che fino all’ultimo tengo accesa la fiammella di una ripresa, capisco che non si può essere più “realisti del re” e che se la volontà della maggioranza è di chiudere spetterà poi alla FIGC l’ultima parola. Quindi delle due l’una: o si blocca tutto (no promozioni e no retrocessioni) annullando il torneo per causa di forza maggiore o se si devono dare dei verdetti, come auspicano tutti, si deve premiare il merito e, purtroppo, penalizzare il demerito. Qui poi ci possono essere dei correttivi, quali le riammissioni dei nostri club virtuosi e, ove si volesse davvero rimanere a 60, ipotizzare di dare luogo a dei ripescaggi. In altre parole, la delibera proposta all’assemblea mi trova d’accordo ove il sistema sia di scorrimento sia verso l’alto che verso il basso, ma questa proposta che prevede il blocco delle retrocessioni (che sia chiaro, capisco perfettamente sotto un profilo umano, etico ed imprenditoriale) non può trovarmi d’accordo, poiché si introduce potenzialmente un maggior numero di club e una diminuzione dei ricavi.
Si tratta però di ipotesi formulate dal direttivo che dovranno necessariamente trovare sintesi in un accordo con le altre componenti, perché trovo particolarmente difficile persino ipotizzare che serie A e serie B siano d’accordo nell’aumentare i loro organici per effetto a cascata di blocchi di retrocessioni. Questi sono i motivi per cui ho ritenuto di non votare parte della delibera anche se a ben vedere questa dovrebbe essere presa per intero e non a “compartimenti stagni”. Tengo infine a precisare che, anche per quanto riguarda la proposta di quarta promozione tramite sorteggio, la strada per me risulta percorribile solo in caso di regolamento ad hoc approvato da tutti i partecipanti. Ma anche su questo deciderà prima l’assemblea di Lega Pro e poi la FIGC.
Il presidente Gravina preme per il calcio d’inizio. In serie A i calciatori già in campo per gli allenamenti il 4 maggio, rispettando le norme di sicurezza. Come potrà adeguarsi anche la Lega Pro considerando che la sanificazione dei centri sportivi e l’adeguamento alle normative per gli atleti sono estremamente costosi? Si parla di una cifra vicina ai 100.000 euro…
Questo è un altro dei grandi temi. Mi sembra evidente che i club di Lega Pro non hanno se non forse in minima parte le possibilità di adeguarsi a protocolli tarati per i club di serie A, trattandosi quello di sistema che produce un indotto di circa 5 miliardi di euro. E d’altronde riprendere a “contagio zero” risulta oggi difficile da prevedere se non persino da ipotizzare. Vedremo cosa succederà; perché se è vero che i giocatori di Lega Pro sono lavoratori subordinati, è altrettanto vero che questo comparto presenta delle specificità che non hanno le aziende tradizionali.
Si parla sempre più spesso della riduzione delle squadre in Lega Pro e della riforma del semi professionismo: come vede il futuro di una categoria che agli occhi dei giovani calciatori italiani ha sempre rappresentato il primo trampolino lancio?
Da tempi non sospetti, e cioè sin dai primi di gennaio di quest’anno, ho manifestato le mie idee al presidente e al segretario di Lega, idee che in gran parte collimano con quelle avanzate a fine marzo dal presidente Gravina. Una C professionistica con un girone da 20, e una C diciamo “silver” con 2 gironi da 20 squadre fuori dalla legge 91/1981 e quindi non professionistica. Il che oggi significa in Italia, in assenza di normative sul semiprofessionismo, in ambito dilettantistico. Non sono però innamorato a priori di questa ipotesi e sarò ben lieto di verificarne altre, mantenendo sempre il mio pensiero libero e indipendente e in favore di un riforma di sistema.