Dopo giorni e giorni di letture di giornali e notiziari televisivi, più che di rabbia si è preda di noia rassegnata: come rattrappiti, sommersi da un mare di nulla fatto di bla-bla e pio-pio, spesso bau-bau, di individui che nulla sono, nulla sanno, nulla dicono ma lo fanno con ineguagliabile, supponente arroganza. Con nessuno di loro ti sogneresti d’andare a cena, garanzia come sono di perpetuo sbadiglio. Nella presunzione d’essere il centro dell’universo, il loro orizzonte non va oltre il loro ombelico, neppure fosse quello della focosa Salomè…
Forse han pure ragione a confezionare giornali e tg in questo modo. Forse davvero il nostro sguardo è miope, la mente pigra, anche lei reclusa. Però i nostri destini prossimi si giocano nelle enormi contraddizioni in USA. Nelle tragedie ignorate in Africa. In quel Sud America che a sorpresa ci ha regalato un papa che tanti guardano con speranza e ammirazione e che è sull’orlo di un precipizio. E in un’Asia che è anche la Cina, da sola un continente che non è solo un pachiderma, come ci si racconta, di magnifiche progressive sorti. C’è un mondo che direttamente ci riguarda e da cui si dipende che non si vede e non si racconta. Temo neppure per deliberata scelta e volontà, sarebbe sintomo almeno di un ragionamento per quanto sbagliato. È proprio cecità. Incapacità di capire. Ma sì, avanti, ombelico.
A questo punto tocca confessare un po’ d’invidia nei confronti di certi miei colleghi (solo un po’, beninteso). Alcuni sono anche impeccabilmente bravi, non si può muover un’ombra di critica, per quello che riguarda il loro lavoro.
I loro servizi su questa storia infinita del Coronavirus sono precisi, esatti, corretti. Eppure…
È come la ricetta della vecchia cuoca: le chiedi, mentre prepara qualcosa, un chiarimento sulle dosi; ti risponde: «Il giusto». Ecco, in tanti servizi di colleghi onesti, capaci, esperti, quello che manca è “il giusto”.
Ma cos’è mai, “il giusto”? È l’aver coscienza della situazione che si vive; l’esser consapevoli che quello che ti scorre davanti agli occhi, che senti e “respiri” è un qualcosa di storico, unico. Non si sta scorrendo l’elenco telefonico (Vittorio Gassman sapeva rendere attraente anche quella lettura); è una pagina di storia quella che si “racconta”. Forse è una forma di auto-difesa di fronte al dolore e alla sofferenza. Forse è incapacità di capire… È come se non avvertissero una grave responsabilità che incombe su loro, che grava sulle loro spalle.
È questo che un po’ (solo un po’) si invidia loro. Questo non capire, non vedere, non sentire. È uno scudo protettivo. Avvolti nel loro preservativo, non sorprendono e non vengono sorpresi. Non si emozionano e non emozionano. Non hanno passione e non appassionano. I loro servizi sono confezionati in modo impeccabile. Ma manca “il giusto”.
In generale la televisione, contrariamente a quello che si dice, è il miglior alleato del libro. Per dire: accendi le ore canoniche, ti sintonizzi sui vari canali dei notiziari, per sapere cosa accade nel mondo…Ecco che scatta la “voglia di libro” che ti cattura: non si può resistere a lungo a un’overdose di servizi insulsi, che non hanno alcuna ragione d’essere, e si potrebbero liquidare in poche battute.
Non mi riferisco ai soporiferi pastoni politici. Quelli hanno un benefico effetto: più li senti parlare, più li detesti. Sono gli altri servizi che sono un oltraggio all’intelligenza: devi comunicare che ancora non c’è accordo per le partite di calcio? Basta dirlo. Ti propinano un polpettone di un paio di minuti con vecchi filmati di partite. Devi spiegare che il costo della vita aumenta? Basta dirlo, magari una grafica con cifre. Ti mostrano una folla di persone che va avanti e indietro in qualche strada cittadina.
C’è la crisi del turismo? Ecco allora le spiagge affollate di un anno prima. Devi parlare di banche che non danno crediti se non con il contagocce: immancabile il fascio di banconote ancora da smazzettare, e subito dopo contate automaticamente dalle macchinette. Chi è a Londra parla di Berlino, chi è a Pechino racconta di San Francisco, chi è a Berlino della Svizzera. Chi lo sa se la CNN, dovesse mai crollare il Colosseo si collegherà con il corrispondente di Londra…
Gli editori possono coltivare un cauto ottimismo: finché c’è la TV il libro ha ancora una speranza.