Partiti sbiaditi e leader svaniti. L’Italia vive una contraddizione lacerante: il Coronavirus ha causato enormi danni umani, sanitari, sociali ed economici ma la classe politica è evanescente. È evanescente sia sul piano dell’autorevolezza sia su quello della stessa presenza.
La crisi più grave la vivono i grillini. Il capo politico ad interim del M5S è Vito Crimi, dopo le dimissioni rassegnate a gennaio da Luigi Di Maio. Il reggente Crimi si sente raramente e non pesa sulle scelte di Giuseppe Conte, riconfermato con forza a Palazzo Chigi da Beppe Grillo nella contrastata alleanza con il Pd. Alla ministra renziana dell’Agricoltura Teresa Bellanova che ha chiesto la regolarizzazione dei migranti sfruttati nei campi, il leader transitorio cinquestelle ha risposto picche: «Non accetteremo permessi di soggiorno temporanei». Crimi, nel Movimento, è più vicino all’ala securitaria affine alla Lega che a quella riformista di Roberto Fico.
Di Maio, ex capo che ha gettato la spugna dopo due anni di ininterrotte disfatte nelle elezioni amministrative, fa il ministro degli Esteri e sembrerebbe meditare un ritorno sul ponte di comando. Deve però fare i conti con mille ostacoli. Il primo è il Mes, il Meccanismo di stabilità europeo, sempre aborrito dai grillini. Così diplomaticamente sembra preparare un ripensamento: «Sul Mes dobbiamo essere pragmatici». Deve fare i conti anche con l’amico-concorrente Alessandro Di Battista. In patria, dopo lunghi viaggi in Sud America e in Iran, è all’arrembaggio sotto la bandiera populista. Di Grillo, carismatico fondatore del Movimento, si sono perse le tracce.
Nicola Zingaretti è evaporato. Prima ha detto no a Conte presidente del Consiglio, poi ha detto sì chiedendo uguaglianza, sviluppo e discontinuità. Tuttavia non ha presentato un progetto di rinascita dell’Italia dalle rovine del Covid-19. Nel Pd Graziano Delrio ha proposto una imposta patrimoniale e il segretario l’ha garbatamente accantonata. Tra i democratici sembra contare molto di più il potente ministro Dario Franceschini, ex segretario in ascesa.
Roberto Speranza è noto, causa pandemia, come ministro della Salute ma i cittadini praticamente ignorano che sia segretario di Articolo uno, un mini partito di sinistra semi sconosciuto componente di Leu, lista elettorale al limite della sopravvivenza.
Il centro-destra è in forte divaricazione e a rischio rottura. Matteo Salvini prima baciato dalla fortuna populista, adesso è in discesa. La richiesta dei «pieni poteri» non gli ha portato fortuna. La linea gladiatoria e d’opposizione antagonista a tutto campo ha fatto perdere consensi al segretario leghista. Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, la seconda destra in concorrenza, sottrae consensi all’alleato e ringrazia. Silvio Berlusconi, dato per finito e senza eredi in Forza Italia al lumicino, è ancora in campo. Accosta all’Europa, al Mes e alle esigenze dei ceti produttivi. Strana coincidenza. Anche Matteo Renzi, leader di Italia Viva quasi con l‘ossigeno, fa un’operazione analoga: chiede di riaprire in fretta il sistema produttivo italiano ridotto allo stremo. C’è chi parla di un possibile accordo, ancora più stretto di quello del 2014: il cosiddetto Renzusconi per dare vita a una battagliera forza centrista. Renzi metterebbe la sua giovane leadership e Italia Viva rimasta al palo, l’anziano Berlusconi il suo lesionato prestigio e quel che resta di Forza Italia.