Ho conosciuto Gianni De Michelis quando ormai quasi tutta la classe dirigente del Partito Socialista era stata spazzata via da Tangentopoli, ci siamo incontrati diverse volte a pranzo assieme all’amico comune Beniamino Ciotti, sindacalista della Uil e fondatore della Uil Sanità.
Oggi, a poco più di un anno dalla sua scomparsa (11 maggio 2019), quegli incontri mi sono tornati in mente con forza, non che li avessi rimossi, ma si sa, gli anniversari ti invitano e, a volte, ti costringono a qualche riflessione. Non voglio assolutamente entrare nel merito delle vicende giudiziarie che hanno cancellato un’intera classe dirigente, molti dei quali vittime di un sistema (con questo non intendo dargli una piena assoluzione!) consolidato e divenuto ormai prassi consueta e obbligata della politica e del governo del Paese. Ma di certo è innegabile e incontestabile (la situazione odierna è sotto gli occhi di tutti!) che quegli anni hanno contribuito, non poco, ad eliminare dalla scena politica italiana uomini di innegabile valore, di enorme esperienza e di indiscusse capacità politiche, uomini in condizione di guardare al futuro e non di limitarsi, come purtroppo sembra avvenire oggi, a “svoltare la giornata”. Gianni De Michelis apparteneva senza ombra di dubbio a quella categoria.
Nonostante le poche occasioni che ho avuto di incontrarlo e di scambiare con lui opinioni e idee, sono rimasto colpito dalla sua capacità di progettare il futuro e non parlo della visione del domani, ma di concepire un percorso sociale e politico di lunga durata, senza mai perdere di vista i contesti europei e internazionali, non a caso credo che De Michelis resti ancora oggi uno dei migliori ministri degli Esteri della nostra storia repubblicana, senza contare l’incredibile apporto che aveva dato alla crescita del Paese con la predeterminazione degli scatti della scala mobile nel 1984.
Ma Gianni De Michelis, la sua personalità schietta e senza infingimenti, era già entrato nella mia vita attraverso i racconti e gli aneddoti di due altri amici comuni, Marcello D’Angelo che per alcuni anni gli è stato a fianco come addetto stampa e Paolo Del Bufalo (recentemente scomparso e ben conosciuto negli ambienti socialisti) editore del quotidiano voluto dal Nuovo Psi di cui De Michelis era segretario.
Non sono quindi rimasto sorpreso quando in via diretta ho avuto, per poco tempo, l’occasione di frequentarlo. Un uomo di grande cultura, dinamico, propositivo, innovativo e certamente inarrestabile nella formulazione di idee e progetti, sempre funzionali allo sviluppo e alla crescita del nostro Paese, anche quando rimasto isolato, spesso evitato, non ha mai smesso di guardare avanti, senza rimpianti e senza recriminazioni sul passato. Nulla poteva fermarlo. C’è riuscita, quella che per lui, per il suo carattere e la sua verve dialettica, è stata la più bastarda delle malattie, il Parkinson.
Le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della sua scomparsa restano a futura memoria: «Scompare uno dei protagonisti dell’attività di governo dell’ultima parte del Novecento. Intelligente e appassionato esponente della causa socialista ha segnato con la sua azione una significativa stagione della politica estera del nostro Paese, nella fase che faceva seguito al venir meno del contrasto est/ovest. Le sue intuizioni e il suo impegno sulla vicenda europea, dei Balcani, del Medio Oriente e del Mediterraneo hanno consolidato il ruolo internazionale dell’Italia e contribuito alla causa della pace e della cooperazione internazionale».