Ora anche Boccia “strattona” Conte. Il Coronavirus ha moltiplicato per dieci le difficoltà di sopravvivenza di Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio negli ultimi mesi ha dovuto schivare micidiali “strattonate” inferte da Renzi e da Crimi dall’interno della stessa maggioranza. Il leader di Italia Viva e il reggente del M5S hanno sostenuto tesi opposte su questioni cruciali sulle quali il governo ha fortemente traballato: la riapertura delle attività economiche, la giustizia, la regolarizzazione dei migranti, i fondi dell’Unione europea all’Italia per l’emergenza sanitaria ed economica.
Finora Conte, sia pure all’ultimo momento, è riuscito sempre a schivare i colpi e a trovare una mediazione. Ma ora il presidente del Consiglio deve fronteggiare un’altra “strattonata” particolarmente insidiosa perché proviene dal Pd, il partito della maggioranza che finora non aveva creato grandi problemi al governo.
La “strattonata” clamorosa si chiama assistenti civici. Francesco Boccia, Pd, ministro per gli Affari regionali ha lanciato la proposta di reclutare 60.000 assistenti civici per aiutare «i nostri sindaci nel rammentare a tutti le regole del distanziamento sociale» dirette a combattere il Coronavirus. Non solo. Boccia, in una intervista a La Stampa, ha ipotizzato uno slittamento della libertà di circolazione tra le regioni, prevista dal 3 giugno, se dovessero crescere i contagi causati, in particolare, dalla “movida” dei giovani: un rinvio «non è detto, ma potrebbe diventare inevitabile prendere tutto il tempo che serve».
È scoppiato un putiferio. Il centro-destra, dall’opposizione, ha sparato ad alzo zero. Giorgia Meloni è stata la più dura: è «deriva autoritaria». Tuttavia le bocciature sono arrivate addirittura dal governo e dalla maggioranza. Il Viminale, con una nota, ha fatto sapere di non essere stato informato: le decisioni sono state prese «senza preventiva consultazione del ministero dell’Interno». Crimi ha annunciato guerra totale: «Chiederemo il ritiro». Renzi ha bollato l’iniziativa come «una follia». Critiche sono giunte perfino dall’interno del Pd contro le “guardie civiche” per le regole della riapertura realizzata dalla “fase 2”.
Tuttavia Boccia ha difeso la sua proposta: i 60.000 assistenti civici, volontari non pagati (lavoratori in cassa integrazione o percettori del reddito di cittadinanza), interverranno con «il loro sorriso, con la loro educazione» per contribuire a far rispettare il distanziamento sociale. Insomma, non si tratta di una idea dai connotati di una milizia poliziesca: «Nessuna vigilanza, ronda o sentinelle anti spritz».
Le precisazioni del ministro, però, non hanno né rassicurato né convinto i tanti critici. L’onda d’urto della inusitata proposta ha colto due obiettivi diversi: accendere le luci sul protagonismo dell’emergente Boccia e mettere in un angolo Conte. La palla è passata al presidente del Consiglio. Palazzo Chigi ha cercato di sminare lo scontro con un vertice tenuto la sera di lunedì 25 maggio. Fonti della presidenza del Consiglio hanno gettato acqua sul fuoco: si tratta «di soggetti chiamati ad espletare, gratuitamente, prestazioni di volontariato». Quindi non avranno compiti assimilabili a quelli di polizia e carabinieri perché non ricopriranno le funzioni di «incaricati di pubblico servizio».
Conte ha fatto appello a tutta la sua abilità di mediazione per trovare una soluzione. L’operazione sembra riuscita. Però il governo giallo-rosso torna a scricchiolare e il ministro per gli Affari regionali si comporta quasi come un presidente del Consiglio.