Milano, Roma, Torino, Trento, Bologna, Firenze. L’antipolitica sabato 30 maggio è tornata in piazza con la divisa dei Gilet arancioni, sul modello dei Gilet gialli francesi. Ha un capo: Antonio Pappalardo, ex generale dei carabinieri, già leader della rivolta dei Forconi (2006) e dei Tir (2011). Ha un programma: le dimissioni del governo Conte, l’uscita dall’euro, l’elezione di una assemblea costituente.
La folla grida: «Libertà!», «Lira Italica», «Abbiamo fame!». I Gilet arancioni mettono sotto accusa le misure restrittive del governo giallo-rosso per combattere il Coronavirus: «Questo virus non esiste e ci stanno facendo fallire». Forse «vogliono rifare le regole sociali, venderci alla Cina?».
Pappalardo ha parlato a Milano davanti a qualche centinaio di Gilet arancioni con poche mascherine sul viso, insofferenti al divieto di assembramento, in mezzo a molte bandiere italiane. L’ex generale parla alla folla con una premessa: «Io non mi metto la mascherina…», le mascherine e i vaccini «sono pericolosi». Snocciola un programma sovranista in chiave anti Unione europea: occorre «stampare la nostra moneta» con l’obiettivo «di sostenere le famiglie e le imprese italiane». Ma prima reclama le elezioni «a ottobre» per mandare a casa «questo governo di arroganti». Piovono gli applausi.
Due mesi di blocco di gran parte delle attività produttive e commerciali hanno messo in ginocchio l’Italia. La Banca d’Italia stima un crollo del reddito nazionale nel 2020 fino al 13%, la crisi potrebbe divorare oltre un milione di posti di lavoro. Il momento più buio potrebbe arrivare in autunno, quando finirebbero gli oltre 80 miliardi di euro stanziati da Giuseppe Conte per sussidi, integrazioni al reddito e aiuti alle imprese. Milioni di lavoratori del turismo (in testa alberghi, ristoranti, negozi, stabilimenti balneari) sono disperati, ma è in profonda crisi anche gran parte dell’industria manifatturiera come l’auto.
Pappalardo vuole conquistare e cavalcare la protesta sociale da Covid-19. Usa l’arma dell’anti politica come fece Beppe Grillo con la politica del “Vaffa..”. Il comico genovese lanciò nelle piazze e su Internet il M5S, il suo Movimento costruito all’insegna del populismo, dell’anti politica e del sovranismo. Grillo, come del resto il sovranista leghista Salvini, ha incassato l’eccezionale successo dei cinquestelle (32% dei voti alle politiche del 2018) proprio sull’addio all’euro, sul ritorno alla lira e sull’attacco alle élite nazionali ed europee mentre l’Italia era nel tunnel della Grande recessione.
I Gilet arancioni di Pappalardo stanno seguendo una analoga strada, vogliono occupare lo spazio lasciato libero dai grillini e dai leghisti di Salvini per il loro ingresso nel “sistema”, quando hanno dato vita al governo Conte uno (M5S-Carroccio) e al governo Conte due (pentastellati-democratici). Pappalardo ha portato in piazza un po’ di tutto: il ceto medio esasperato, disoccupati, estremisti di destra, qualche neofascista.
Per adesso le adesioni sono limitate, tuttavia è scattato l’allarme nel centro-sinistra, tra i cinquestelle ma anche nel centro-destra. Paolo Cento ha sollecitato la sinistra a «ricostruire una propria presenza nelle piazze» perché «il disagio e la rabbia sociale torneranno a farsi sentire». L’esponente di Sinistra Italiana-Leu ha invitato a dare una risposta ai fortissimi problemi sociali anche manifestando nelle piazze perché altrimenti prevarrebbero «strade e soluzioni che porterebbero il nostro Paese nel baratro economico e democratico».
Certo i Gilet arancioni non molleranno qui. Pappalardo ha annunciato l’intenzione di protestare a Roma il 2 giugno, il giorno della festa della Repubblica. Il presidente del Consiglio Conte è avvisato.