Nel Lazio ora più
sanità pubblica

La vicenda Coronavirus sembra aver convinto molti della necessità di reintrodurre nei sistemi di welfare un ruolo forte delle istituzioni pubbliche. Ha ripreso vigore l’idea di ricondurre la sanità pubblica ad un ruolo “prevalente” nell’emimercato sanitario. La critica all’impianto istituzionale come lo si ritrova dopo la modifica del titolo V della Costituzione ha anche dato fiato a un dibattito, imperniato sui modelli, fra governisti e regionalisti.

Sanità pubblica, Ospedale Santo Spirito

Ospedale Santo Spirito

La sanità rappresenta  almeno  i ¾ dei bilanci regionali. L’attuazione concreta dei modelli è anche figlia dei rapporti di potere che vi si instaurano e che, in un senso o in un altro, ne condizionano l’efficacia e  il funzionamento. Da mostra di essere d’utilità la lettura delle trasformazioni degli assetti della sanità privata a livello regionale come evoluti in una con l’evolversi dei comportamenti dei decisori.

Il quadro che se ne ricava, dà conto di quanti, pur in difficoltà nel sistema sanitario, hanno agito per mantenere un SSR pubblico “prevalente”, e di quanti  invece hanno ritenuto come futuro da promuovere la complementarietà paritaria, strutturale del privato con il pubblico.

Come sempre ci si trova di fronte a ruoli, responsabilità e scelte pubbliche. Le relazioni di fatto che vi si insediano condizionano la vita dei sistemi sanitari  meno marginalmente di quanto non appaia. Un approccio che si polarizzi intorno alle ragioni dei fautori della centralizzazione della spesa a livello nazionale piuttosto che a quello regionale corre il rischio di non dare tutte le risposte che sono necessarie al cambiamento. Uno spartiacque politicista finirebbe per non toccare questioni dirimenti nel momento in cui finisce per mettere in secondo piano la concretezza dei fenomeni che si sono generati e che risultano determinanti nella gestione dei modelli di sanità realizzati.

Una autoambulanza a Roma

Non sfuggirà che le ragioni d’impresa nella sanità accreditata determinano più spesso comportamenti mirati alla conservazione dell’esistente. L’indebolimento del pubblico e la conseguente sua ridotta efficacia spessissimo ha contribuito a motivare l’ampliamento di ruolo del privato più che a impegnare per investire sul SSR. Gli esempi sarebbero molteplici.

Non è un caso che l’AIOP nazionale rivendichi  un “sistema sanità” che unitamente al SSN veda “la parte privata del sistema” come complementare integrata e interscambiabile con il pubblico. La presidente nazionale Cittadini va oltre commentando il 15 rapporto CREA: «Noi siamo una componente del SSN che si mette a disposizione del proprio Paese».

Tutto quanto è accaduto e accade attraverso scelte pubbliche è effetto anche dell’azione o della inazione di pubblici dipendenti. È per questo che sempre più spesso si parla delle responsabilità delle governances nel presupposto che il governo di una rinnovata sanità pubblica non possa essere lo stesso che ne ha propiziato o subito la privatizzazione. La responsabilità assunta dagli operatori sanitari verso i cittadini a fronte del Covid-19 non ha trovato piena corrispondenza nei comportamenti dei decisori politici che dovrebbero già ora produrre un cambio di passo non ancora percepibile.

Un lungo ciclo di difficoltà della sanità pubblica iniziato nel 2008 e peggiorato con i governi successivi, da Monti a Renzi, a Conte arriva a un giro di boa. Importanti risorse finanziarie oggi disponibili possono costituire il volano di un ruolo della sanità pubblica sulla quale investire per la salute collettiva non prestazionale, un volano di occupazione anche per l’indotto privato oppure un’altra occasione fra quelle mancate.

Sanità pubblica, Un gruppo di medici e infermieri

Un gruppo di medici e infermieri

Una discussione che si limiti a dibattere solo sui modelli istituzionali, funzionali o organizzativi non sarebbe sufficiente e corre il rischio di arrivare fuori tempo massimo. In un recente articolo Paolo Borioni (in nuova-direzione.it) fa presente come una nuova egemonia del welfare pubblico passi attraverso la scelta strategica più generale per il consumo pubblico a partire dal grande potenziamento di «una sanità che sconfigge le ansie».

Borioni prosegue ricordando, tra l’altro, che:

questo sviluppo dovrà segnalare che le comunità nazionali e multilaterali investono in una nuova sicurezza e sistematica prevenzione per i cittadini, e che questi quindi del Covid-19 dovranno conservare solo un brutto ricordo;

in questa sicurezza e prevenzione, molti più lavoratori dovranno trovare un’occupazione qualificata e duratura;

la quantità elevata di innovazione e tecnologia che il welfare moderno richiede è volano anche di notevole alta domanda effettiva e dunque di qualificata iniziativa privata;

Sul cittadino e sulle famiglie si è anche trasferita negli ultimissimi anni, larga parte dell’onere della cura, con un ricorso in crescita esponenziale all’out of pocket (36-40 miliardi di euro di finanziamento privato a fronte di 115 miliardi di spesa pubblica) di cui l’esigibilità solo eventuale dei LEA è stata una fra le cause determinanti.

Sanità pubblica, Due passanti con mascherina

Due passanti con mascherina

La sanità pubblica, (diciamo gli ospedali con il 2,7 pl/1000 abitanti) tuttavia, pur ridimensionata, ha combattuto bene il Covid-19 che altrimenti avrebbe decimato la popolazione. Su di essa vanno investite le importanti risorse finanziarie che sono oggetto dei piani regionali che fra qualche settimana ogni Regione dovrà inviare al ministero della Salute. Si vedrà fra poco se gli insegnamenti della vicenda Covid-19 saranno stati compresi o meno.

Le governances regionali a oltre 4 mesi dall’inizio del Covid-19 sono di fronte al bivio se permanere nell’asimmetrico rapporto fra pubblico e privato che con le loro scelte pubbliche hanno contribuito a consolidare, oppure riappropriarsi di un ruolo “prevalente” pubblico, di gestione diretta, mettendo così in discussione consolidati quanto condizionanti rapporti, ridefinendo così  modalità e contenuti della regolazione attuale, rivedendo le regole autorizzative e di accreditamento, esercitando e potenziando la funzione di governance e soprattutto di controllo, attuando la programmazione, reinternalizzando i servizi “core”.

La Regione Lazio ha come presidente della giunta regionale il segretario del Pd, partito determinante in una coalizione che da mesi sta dirigendo l’azione del SSN contro il Covid-19 potendo contare sul ruolo dell’offerta pubblica di servizi.

Sanità pubblica, Sanificazione dei cassonetti a Roma

Sanificazione dei cassonetti a Roma

Quello che ci si aspetta dalla Regione Lazio è che al bivio fra presente e futuro la strada che intenda imboccare sia quella di un riequilibrio dei confini fra  Stato e mercato, tanto più necessario in una Regione dove dal 2008 in poi l’offerta sanitaria pubblica è stata via via depotenziata per i tagli al personale e ai posti letto, per i mancati obiettivi di sanità territoriale e per l’assenza di pianificazione delle attività di prevenzione.

Tutto questo in un quadro di scelte di politica sanitaria che hanno reso più forte il privato e più debole il pubblico. La Regione Lazio, con una sanità territoriale  insufficiente al controllo della “griglia lea” del ministero della Salute, è entrata nella bufera Covid-19 non avendo aggiornato il piano regionale della pandemia e con una dotazione di posti letto per le terapie intensive sotto lo standard dei 12 pl per 100.000 residenti. La rete assistenziale delle malattie infettive, approvata dalla Regione con DCA U00056 in data 12 luglio 2010 sulla base di un piano di riorganizzazione predisposto dal prof. Ippolito  dell’IRCCS Spallanzani ed organizzata su base territoriale secondo una rigida logica Hub & Spoke, è stata progressivamente rimpicciolita anche a seguito della chiusura di alcuni ospedali che fungevano da spoke (come quello di Gaeta) con la conseguente perdita secca non solo dei posti letto ma, ed è il caso, di un presidio posto a tutela dei cittadini di tutto il territorio.

La Giunta regionale con deliberazione 227 del 4 aprile 2007 approvò il Progetto di riorganizzazione dell’assistenza pneumologica che mirava a riequilibrare i posti letto prevedendo un livello distrettuale, uno ospedaliero in ogni capoluogo di provincia ed un altro negli ospedali sede di DEA di 2° livello, affidandone l’attuazione all’ASP, ma subordinandola alla sua compatibilità con il piano di rientro dal disavanzo. Contestualmente la Giunta regionale dette mandato ai Direttori Generali delle AUSL, AO e Policlinici Universitari di razionalizzare i percorsi assistenziali per l’insufficienza respiratoria attraverso il potenziamento delle reti della post-acuzie, della riabilitazione e della pneumologia territoriale e domiciliare. Purtroppo la rete ospedaliera non è stata realizzata, mentre la seconda solo in alcuni territori.

Venendo alla sanità territoriale più recentemente la Regione ha definito un Piano per il potenziamento delle reti territoriali. Adozione documento tecnico (DCA U00258  del 4.7.2019) che oltre ai privati consentiva anche a «strutture pubbliche oggetto di riconversione e/o di finanziamento pubblico» di poter aprire RSA.

Nicola Zingaretti

Nessuna ASL del Lazio ha fatto istanza di aprire una RSA pur possibile stante la previsione del «Piano» di un numero di posti pubblici pari a 338 finanziabili anche con risorse ex art 20 L. 67/88. Le ASL inspiegabilmente hanno rinunziato ad aprire RSA pubbliche ma la Regione che pur le aveva previste non ha avuto da eccepire.

I 47 milioni di euro che nel triennio 2019-2021 sono stati impegnati per il potenziamento delle RSA di tipo estensivo e intensivo sono andati ad alcuni fra gli operatori privati delle RSA (Gruppo Giomi, Gruppo Garofalo, Gruppo Italcliniche, Gruppo Sage, San Raffaele, Sereni Orizzonti, Nuova S.A.I.R., Don Orione, Nomentana Hospital e Policlinico Italia) che poi sono gli stessi che si ritrovano nell’oligopolio di fatto di altri settori della sanità (riabilitazione, specialistica ambulatoriale, strutture ex art 26, strutture per acuti, ecc.).

La seconda  presidenza di Zingaretti nelle intenzioni elettorali doveva essere quella che avrebbe raccolto i frutti di quanto seminato in quella immediatamente precedente. La programmazione “a pezzi”, la variabilità delle scelte attuative nelle diverse ASL sembrano riflettere una navigazione a vista, una ricerca di direzione di marcia. Se la Regione Lazio condivide l’esigenza di rilanciare la sanità pubblica ora è il momento di farlo scegliendo la giusta direzione di marcia.