Un discorso a parte merita l’attuale situazione politica nel nostro Paese, un tema sul quale siamo già intervenuti diverse volte per segnalare la sostanziale inadeguatezza dell’attuale classe dirigente (non si tratta comunque di un male che affligge solo l’Italia) di fronte alle sfide che ci pone la globalizzazione, i fenomeni migratori, la tutela dei più deboli, l’economia, le delocalizzazioni, il sistema fiscale, l’Unione Europea…
Potrei continuare l’elencazione dei problemi contingenti e di più ampio respiro, ma quelli citati mi sembrano già sufficienti a far tremare le vene nei polsi a chiunque si dovesse proporre per affrontarli e, ovviamente, tentare di portarli a miglior soluzione. Purtroppo, invece, ho la sensazione che da parte di tutti, nessuna parte politica esclusa, sia in corso una gara, da una parte di palese sottovalutazione degli argomenti sul tappeto e dall’altra, invece, ci sembra di assistere alla spasmodica ricerca ed esaltazione di quelli che sono gli aspetti più negativi dell’animo umano.
In un panorama di tale inconsistenza e scarsa consapevolezza, il pericolo maggiore è che si faccia strada l’idea, il concetto e quindi l’accettazione della comparsa sullo scenario del cosiddetto uomo forte o uomo della provvidenza e allora sorge spontanea una domanda: come può un popolo dimenticare il suo passato? Non dovrebbe essere, il passato, fonte di apprendimento ed esperienza? Anche qui, evidentemente, non mi riferisco al solo nostro Paese (e in giro per il mondo di esempi ne abbiamo già diversi sotto gli occhi, compresi gli sfaceli e i disastri compiuti da questi uomini della provvidenza!), ma anche a svariate e diverse realtà, vicine e lontane.
E ancora una volta ricorro alle parole del filosofo Massimo Cacciari: «Da qui a poco il distanziamento sociale non sarà più una indicazione sanitaria per evitare nuovi contagi. Quel distanziamento vorrà dire una faglia sociale che si è ancor più allargata con la crisi pandemica. O c’è una sinistra sufficientemente forte e autorevole per distribuire equamente i sacrifici che saremo costretti a fare, non in un futuro indeterminato ma oggi, altrimenti ci sarà un serio, drammatico problema di ordine pubblico. Sotto le ceneri di una crisi che non è solo sanitaria, sta covando una rabbia sociale pronta a esplodere. E se esplode, a rischio c’è anche la libertà. Siamo davvero ad un bivio».
“Merito” del Covid-19 è certamente l’aver riportato in primo piano il ruolo dell’Europa, un’Europa che non è stata in grado, neanche di fronte alla tragedia della pandemia, di parlare con un’unica voce, ma, d’altronde su quale tema scottante il consesso dei 27 è riuscito a dare una parvenza, seppur minima, di pensiero condiviso… Eppure in questa occasione non c’erano direttive da impartire, normative o regolamenti da approvare, sottigliezze giuridiche o ipotesi costituzionali, all’ordine del giorno una sola questione: condivisione e solidarietà.
Faticosamente qualcosa si sta delineando all’orizzonte, ma come su tutti i temi il “niet” di alcuni rischia di far saltare il banco. Non voglio peccare di faciloneria, ma di una cosa sono certo, se a pagare il tributo più alto sul fronte della pandemia fossero stati alcuni paesi del Nord, non ho dubbi che l’Italia avrebbe fatto la sua parte senza sollevare una sola obiezione o un solo distinguo… Colpa del clima…
Sfiducia congenita verso i latini (devo dire che la sfiducia qualche ragione può anche averla), ma i meccanismi di controllo esistono, i progetti si verificano, i risultati si vedono, basta non voltarsi dall’altra parte quando è necessario e poi alzare l’indice accusatore. E l’atteggiamento incerto di un’Europa spaccata si riflette, inevitabilmente, anche nei proclami nostrani della politica e dà fiato a quanti continuano erroneamente a proclamarsi “sovranisti”. Ma si sono resi conto questi “signori” che urlano contro lo strapotere dell’Europa che in Italia subiamo ancora la presenza e l’occupazione di truppe e basi militari americane e che il personale civile e militare di tali installazioni gode, grazie ad accordi poco conosciuti, di immunità totale, come la vicenda del Cermis e altre insegnano?
E allora di cosa parliamo…Ancora una volta Cacciari: «O c’è una Europa che riscopre forti principi di solidarietà, sennò sarà infinitamente peggio. E a tirarci fuori dalle pesti non ci sarà l’uomo della provvidenza, neanche il tanto invocato, e capace, Mario Draghi. Per provare a risalire, dobbiamo partire dalla consapevolezza, drammatica certo ma fondata sulla dura realtà, che siamo arrivati al fondo politico che sta diventando un abisso economico. Altro che “ricominceremo a correre”. Occorre cominciare a pensare. E la vedo dura. Perché pensare è tutt’altra cosa da tutta la retorica, tutta la fuffa nella quale anche la sinistra è immersa fino in fondo».
Destra e sinistra, a parole e proclami tutti difendono le fasce più deboli, tutti invocano una redistribuzione della ricchezza, chi attraverso liberismo e consumismo, chi attraverso fiscalità più eque, patrimoniali, aiuti alle famiglie, servizi etc…
Ma pochi, come abbiamo visto, affrontano concretamente quello che assieme ad una diversa politica fiscale, a nostro avviso rappresenta il macigno maggiore sullo sviluppo e la crescita del Paese: la burocrazia, lo snellimento delle normative, la cancellazione di leggi obsolete e contraddittorie. Ci vorrebbe un vero Governo di Unità Nazionale, ma ci sono anche gli uomini in grado di operare, senza secondi fini, una tale sfida?
Eppure su questo terreno la sinistra potrebbe facilmente incontrare e trovare soluzioni condivise con quella parte della destra storica che si chiama Destra Sociale, ma esiste ancora? Gli attuali vertici di Fratelli d’Italia non sembrano essere troppo affezionati al tema, anche se un esponente di rilievo della destra com’è o come è stato Francesco Storace continua pervicacemente a rivendicarne il concetto e l’ideologia. E in effetti Storace ha sempre dimostrato di non avere alcuna remora nel voler dire la sua, e recentemente lo ha dimostrato nella vicenda della liberazione di Silvia Romano, quando era in corso il linciaggio mediatico contro le scelte della cooperante rapita: «Sono cattolicissimo, a livello personale mi è dispiaciuta la conversione. Ma ci manca solo che le chiediamo se è romanista o laziale. Preferivate che tornasse dentro una bara? Perché l’unica immagine da guardare non era quella del velo, ma del suo sorriso una volta tornata. Viva. Un sorriso che mi ha conquistato.
Vedo una debolezza di cervelli anche a destra. Insulti, minacce. Io ce l’ho con i delinquenti somali che l’hanno rapita e sono felice di festeggiare che sia tornata viva. Convertita? Vedremo. Intanto è viva. Ma tutto questo dileggio sui social network mi deprime, non è di destra».
E allora, per concludere, chi ci salverà? Noi pensiamo che vada ritrovata, in questo difficile momento, quella sintesi di pensiero e azione che ispirò e guidò gli uomini che ricostruirono l’Italia e l’Europa nel dopo guerra: De Gasperi, Togliatti, Nenni, Sturzo, Parri… e ce ne sarebbero tanti altri, tutti dotati di lungimiranza e amore per l’Italia.
Secondo e ultimo articolo – Il primo è stato pubblicato il 7 giugno 2020.