Sono stati riaperti cinema e teatri. «È stata una grande emozione» ha dichiarato Ascanio Celestini dopo la prima rappresentazione in epoca di coronavirus al Teatro sperimentale di Pesaro. È stato importante riprendere l’attività inseguendo una “normalità” differente, con gli spettatori sottoposti al termo-scanner prima di entrare in sala, i posti rigorosamente assegnati e distanziati, le mascherine sul volto.
Stesso copione nei cinema, in un’atmosfera surreale, sottilmente ansiogena, con la sensazione di sfidare un pericolo incombente per il piacere di assistere alla proiezione nel buio di una sala cinematografica. È presto per sapere quante persone accetteranno la sfida, sono passati pochi giorni. La riduzione di pubblico è certa, perché causata dal distanziamento e dalle misure per la sicurezza. Poi c’è l’aspetto psicologico di ciascuno che sarà determinante per il ritorno a una normalità che possa definirsi veramente tale. La prova vera sarà in autunno, ora ci daranno una mano le arene: l’aria aperta, il cielo stellato, la ricerca di un po’ di frescura e il piacere di perdersi in un’emozione collettiva.
La ripartenza di alcune attività dal 15 giugno è stata stabilita dall’ultimo Dpcm (Decreto presidente del Consiglio dei ministri) firmato da Giuseppe Conte che ha lasciato discrezionalità alle Regioni su alcune restrizioni e limitazioni o su alcune anticipazioni.
È il caso delle discoteche e sale da ballo, che il governo avrebbe voluto riaprire dal 14 luglio ma che alcune Regioni hanno già deciso di far ripartire. In Emilia-Romagna riapertura dal 19, ma solo all’aperto: restano vietati i balli di coppia tra persone non conviventi. Anche in Veneto e Liguria il via è dal 19. In Puglia si può ballare, purché all’aperto. Nel Lazio ripresa dal 15 giugno: sono possibili ristorazione e spettacoli dal vivo, ma i balli sono ancora vietati, bisognerà attendere il primo luglio. Nell’ordinanza regionale si precisa che le attività potranno riprendere nel «rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per i partecipanti che non siano abitualmente conviventi, con il numero massimo di 1000 partecipanti all’aperto e di 200 in luoghi chiusi, per ogni singola sala».
Regole quindi, ancora restrizioni, fino a quando la minaccia del coronavirus incomberà su di noi e non riusciremo a sconfiggerla definitivamente, con farmaci adeguati o meglio ancora con un vaccino.
Il settore musicale nel frattempo è stato travolto da una crisi che non si era mai vista. L’allarme è stato lanciato fin dall’aprile scorso dalle principali associazioni a nome dell’intera filiera imprenditoriale della musica. Si chiede aiuto alle istituzioni. L’Assomusica denuncia che a fine stagione le perdite per il settore del live saranno di circa 350 milioni di euro. A questa cifra vanno aggiunte le perdite legate all’indotto, che ammontano a circa 600 milioni di euro. Oltre 60.000 persone tra addetti ai lavori, musicisti e tecnici saranno travolti da una crisi senza precedenti.
L’appello per un aumento del fondo emergenze e contributi a fondo perduto è stato lanciato ai ministri dei Beni Culturali, Franceschini e dell’Economia, Gualtieri.
Sono in tutto 10 le proposte per risollevare il settore tra cui anche la sospensione delle tasse e dei contributi, l’estensione della durata dei voucher in caso di concerti annullati, la riduzione dell’Iva al 4% per la musica e lo spettacolo, la creazione di un bonus cultura per le famiglie.
La notizia buona tuttavia c’è: è arrivato il momento di tornare ad ascoltare la musica dal vivo, finalmente. È bello stare insieme in un locale ad ascoltare, difficile non ballare quando il ritmo è trascinante. Le gambe vanno da sole, i musicisti si riprendono la scena, il loro lavoro è arte. Sono stati i primi a fermarsi e saranno gli ultimi a ripartire ma la loro musica contrapposta al silenzio innaturale nelle città durante il lockdown ci dirà che nonostante tutto, anche se faticosamente, sembra che stia andando bene.