A Luca Palamara al centro di note vicende, intervistato a destra e manca, per raccontare che «questo è il sistema», «che lui come tanti», e «così han fatto tutti» (variante di quel «tutto è mafia», che sottende: «dunque nulla è mafia»), due “semplici” domande; davvero semplici semplici:
a) Fa parte del “sistema” (e del «così fan tutti») incontrarsi nel cuore della notte in salette riservate di alberghi, con un politico di primo piano, di un partito di primo piano, indagato dalla procura della Repubblica di Roma; in compagnia di un magistrato ex componente del Consiglio Superiore della Magistratura, leader di una potente corrente della magistratura stessa, ed entrato in politica eletto parlamentare nello stesso partito dell’indagato; e tutti e tre discutere della nomina del procuratore capo della Repubblica di Perugia, che ha competenza su eventuali reati commessi dai magistrati romani?
b) Fa parte del “sistema” (e del «così fan tutti»), avere cordialissime conversazioni con toni di complicità che vanno ben al di là della semplice richiesta di informazioni, e coltivare amicali frequentazioni, con i giornalisti che solitamente si occupano di cose di giustizia (e che continuano a farlo), comprese le vicende in cui lui si trova coinvolto?
Alla fine della fiera, si vorrebbero risposte sul SUO comportamento, sul SUO fare, perché ancora da qualche parte sta scritto che la responsabilità è individuale.
«Fa parte del sistema» e «così fan tutti», non sminuisce di una stilla la sua responsabilità. La gravità del suo “fare” e del suo “dire” non mutano se questo “dire” e questo “fare” è condiviso, è pratica comune; significa “solo” che ci si deve occupare anche del “fare” e del “dire” degli altri.
Ma intanto la risposta alle due domandine, in luogo dei teatrini solitamente approntati – probabilmente non per un caso – da tanti colleghi gli consentono di esibirsi in assolutori «fa parte del sistema» e «così fan tutti».