Lo storico no tedesco al debito comune europeo era considerato inviolabile, invece è caduto nell’era del Coronavirus. Angela Merkel a marzo, in piena tragedia del Covid-19, ancora difendeva il totem del no agli Eurobond. Poi sono arrivati i primi spiragli: a maggio ha assestato un duro colpo al no per il debito comune e adesso ha ufficialmente abbattuto il totem considerato un tempo indistruttibile.
La cancelliera tedesca ritiene «eccezionale» lo sforzo economico necessario per superare la crisi causata dalla pandemia in Europa, perciò indica alla Germania la strada di «un atto straordinario di solidarietà» verso i paesi più flagellati dalla pandemia come l’Italia e la Spagna. In una intervista al Süddeutsche Zeitung parla sia al cuore e sia al portafoglio dei tedeschi: «È nell’interesse tedesco avere un forte mercato interno e che l’Unione europea cresca insieme e non si sfaldi». Anzi, rincara: «Ciò che è buono per l’Europa, era ed è buono anche per noi».
Nell’intervista al quotidiano tedesco delinea un po’ il suo manifesto politico per il semestre della Repubblica federale alla guida della Ue, previsto dal primo luglio. È un programma fortemente innovativo, di rottura con il rigore finanziario del passato basato sui rimproveri tedeschi alle “cicale” dei paesi del Sud indebitati come l’Italia. Basta con la miopia degli egoismi nazionali. Angela Merkel si è schierata e ha sostenuto tutti gli aiuti europei alle nazioni più colpite dall’epidemia: la sospensione dei parametri del Patto di stabilità per l’euro; i mega acquisti da parte della Bce (Banca centrale europea) dei titoli del debito pubblico dei vari paesi (in particolare di quelli più in difficoltà come l’Italia); i fondi Ue contro la disoccupazione e in sostegno delle aziende; i 750 miliardi di euro del Fondo per la ripresa (“Recovery Fund”) proposti dalla commissione europea.
Attenzione, si tratta di risorse oltre quelle del contestato Mes (Meccanismo di stabilità economica) sul quale persiste il no di Giuseppe Conte, tutte finanziate con interventi comuni dell’Unione europea. Non si pronuncia la parola scabrosa di Eurobond (chiesti da Conte, Emmanuel Macron e dagli altri paesi deboli del Sud) ma sono interventi comuni europei in sostegno del debito.
La Merkel sta seguendo la linea indicata da Mario Draghi: debito a manetta come nel corso delle guerre per salvare vite umane, occupazione, produzione, fabbriche. La cancelliera si rivolge all’elettorato tedesco per convincerlo della bontà e della convenienza dell’operazione, anche pagando dei modesti costi. Pure la forte economia della Repubblica federale tedesca è precipitata in una brutta crisi ed ha bisogno di un mercato ampio e dell’euro.
La Merkel, a giudicare dai positivi sondaggi sulla sua popolarità, sembra aver fatto centro. Ora non resta che convincere i cosiddetti paesi “frugali”, gli alleati di ferro di sempre del Nord. Olanda, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia sono nettamente contrari alla novità del debito comune europeo sui prestiti. Sono, soprattutto, nettamente ostili agli aiuti a fondo perduto (500 miliardi dei 750 previsti dal piano di ripresa). All’Italia, secondo le stime, andrebbe una bella fetta: 81 miliardi di euro a fondo perduto e 91 di prestiti. La partita si giocherà al Consiglio europeo del 17-18 luglio. La Merkel dovrà convincere i “frugali” a un brusco dietrofront. La cancelliera con il Süddeutsche Zeitung è stata chiara: per i paesi con un alto tasso di indebitamento «i crediti hanno meno senso dei contributi».