Il nuovo Ponte Morandi è pronto. Ricostruito a meno di due anni dal crollo. Un miracolo, visti i tempi delle opere pubbliche nel nostro Paese. Il sindaco di Genova, Marco Bucci, ha vinto la sua battaglia: dopo essere riuscito a farsi nominare commissario straordinario, ha usato tutti i poteri che il ruolo gli concedeva e ha mantenuto la sua promessa. Un anno, aveva detto. E così è stato, nonostante l’arrivo del Coronavirus.
Visto che il “modello Genova” ha funzionato, da più parti si propone di estenderlo alle grandi opere pubbliche bloccate da anni, paralizzate da mille lacci e lacciuoli burocratici. Invece no. Dentro la maggioranza giallorossa si è aperta una discussione con chi considera il “modello Genova” inapplicabile alle grandi opere perché troppo “permeabile” alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose.
Ma non è finita. Alla vigilia dell’inaugurazione del nuovo Ponte costruito dallo Stato, dopo l’esclusione della concessionaria Autostrade in seguito al crollo della struttura che provocò 43 vittime, la concessione sta per tornare alla società dei Benetton. Come viene precisato in una lettera della ministra De Micheli in cui si invita il sindaco-commissario a consegnare la struttura ad Autostrade per l’Italia, anche se «pro tempore». Cioè in attesa di un’eventuale revoca e di un nuovo concessionario.
Con buona pace dei proclami di Toninelli, Di Maio, Crimi e dell’intero M5S che, da due anni gridano ai quattro venti di voler togliere ai Benetton non solo la concessione del Morandi ma quella di tremila chilometri di autostrade. Ma la revoca non è mai arrivata, e adesso assistiamo al grottesco spettacolo in cui, non solo i Cinquestelle, ma tutte le forze della maggioranza si dicono indignate.
Perfino il premier Giuseppe Conte, sorvolando sul fatto che anche al momento del crollo del Morandi a Palazzo Chigi c’era lui, adesso commenta quasi da osservatore esterno: «La situazione è paradossale e rischia di diventare assurda…». Più assurda di così?