Anticipo di crisi. Se il Parlamento italiano avesse votato sul Mes (Meccanismo di stabilità europeo), il governo Conte due sarebbe già caduto. Alla commissione economica dell’Europarlamento non è finita bene: la maggioranza giallo-rossa è finita in frantumi, il Pd ha votato in favore del Meccanismo di stabilità europeo e il M5S contro assieme alla Lega.
Il presidente del Consiglio, cosciente del pericolo, ha sempre rinviato la decisione: il dilemma se accettare o no i 37 miliardi di euro del Mes pende sulla vita del governo giallo-rosso. Così Giuseppe Conte ha preferito dribblare il pressing di Nicola Zingaretti con un ennesimo slittamento della pratica: l’esecutivo prenderà una decisione sul Mes nel momento «in cui avremo completato il negoziato europeo». Dunque, un rinvio a tempi migliori, forse a settembre o dopo.
Certo la vicenda è strana. L’Italia ha sempre rimproverato l’Unione europea, e in testa la Germania, di non avere ricevuto nessun aiuto nemmeno per affrontare l’emergenza del Coronavirus. L’Europa, dietro la spinta decisiva di Angela Merkel, ha deciso la svolta su vari fronti: ha rivisto anche il Mes finalizzando i prestiti agli investimenti e alle spese sanitarie per combattere il Covid-19 e le sue conseguenze. Si tratta di prestiti a tassi molto bassi senza alcuna condizione.
La guerra al Mes, più che sui fatti, è di natura ideologica: riaffiora l’antico populismo grillino anti europeo in perfetta sintonia con il populismo leghista. Conte l’ha capito e ha rinviato la decisione sul Mes. Spera che la Merkel eviti l’affondo («Non abbiamo creato il Mes perché non venga usato»). Spera che Zingaretti eviti d’insistere sul no al pantano dei rinvii («Basta con la danza immobile delle parole»). Spera in una mediazione per salvare il suo secondo esecutivo, spera in un miracolo nel Consiglio europeo del 17-18 luglio per arrivare a settembre. Già arrivare incolume a settembre sarebbe un traguardo.