Una delle operazioni immobiliari più importanti della Città Eterna 2.0 si è appena concretizzata con grandissima soddisfazione da parte di tutti i soggetti coinvolti. Per capire la portata dell’accordo stipulato come sempre accade quando si parla di business a contare sono soltanto i numeri. Numeri con tanti, tantissimi zero. Oltre
200.000 metri quadri immersi nel verde. Il più grande centro sportivo italiano ed il secondo d’Europa. Lussuoso club house di 2.000 metri quadrati. Bar-ristorante di 1.000 metri quadri con ricercatissime prelibatezze regionali. Centro benessere/spa di 2.500 metri quadri. Palestra di 2.000 metri quadri, 18 campi da tennis, un campo da calcio, 2 di calcio a 8, 3 da calcio a 5, 4 piscine di cui 2 olimpioniche, 30.000 metri quadri di uffici, foresterie e parcheggi.
Valore stimato: 200 milioni di euro. Simbolo sfarzoso del potere di una seconda Repubblica godereccia e palestrata.
Per chi non lo sapesse, stiamo parlando del Salaria Sport Village, una delle strutture sportive più belle ed esclusive d’Italia, sicuramente la più invidiata e chiacchierata…
Sì perché la sua straordinaria bellezza è pari solo alla travagliata e burrascosa vicenda legale che, dal 2009 ad oggi, tra scandali, azioni legali, rinvii, sequestri, dissequestri e discutibili quanto fugaci gestioni, ha appassionato e tentato, pericolosamente, tutti coloro che fantasticano sul perfetto connubio tra sport&business: dalle grandi multinazionali estere ai semplici faccendieri nostrani.
Quella del Salaria Sport Village è una storia che parte da lontano. Da molto lontano.
Correva l’anno 1931, il Fascismo era quasi all’apice del suo massimo consenso (pochi anni dopo, nel 1936, il duce, Benito Mussolini, proclamava, trionfalmente la nascita dell’Impero) e la sua Capitale (Roma) si espandeva velocemente quanto da Nord a Sud, da Est a Ovest. Un’estensione che lungo l’antichissima via Salaria (consolare utilizzata per il trasporto del sale) toccò nuclei edilizi ben definiti, fra i quali Fidene e Settebagni. Piccolo particolare, che tanto piccolo non era: quelle zone, seppur fuori dal piano regolatore vennero, volutamente o sbadatamente, legalizzate e quindi edificate con montagne di deroghe e fantasiose pratiche che, già da allora, usurpavano vincoli paesaggistici e richiamavano il mal costume dell’abusivismo.
Non solo.
Settebagni, fin da allora, venne considerato segmento sottoposto a forte rischio di esondazione, e anche questo non è un particolare proprio da poco. Soprattutto se l’idea futura sarà quella di adibire la parte più vicina al fiume Tevere a centro sportivo. Edificata nei primi anni 70 quale sede e stadio (7. 000 posti) della mitica squadra di calcio dilettantistica della Banco di Roma (poi passata al basket) la struttura sportiva venne migliorata ed ampliata durante la metà del 1990 con piscine e palestra, ma ben presto i costi lievitarono e le spese di gestione e manutenzione divennero insostenibili per l’allora proprietà che fu costretta a mollare per pochi milioni di euro.
Era appena iniziato il nuovo millennio e anche grazie ad una telefonata dell’allora ministro Lunardi il circolo passava, inesorabilmente, di mano. Era il 2004, ed iniziava la vera rivoluzione, la svolta, il cambio di passo effettuato da un giovane e rampante imprenditore/costruttore di Settebagni, Diego Anemone, che acquisisce il circolo, insieme a Filippo Balducci (figlio del potentissimo e ammanicatissimo Angelo, allora Provveditore ai lavori pubblici del Lazio).
Nel 2005, tra squilli di trombe e suoni di fanfare viene inaugurato, in grande stile, il nuovissimo ed avveniristico Salaria Sport Village, per l’occasione completamente rinnovato e tirato a lucido. Lussuosissime strutture al servizio di sport e benessere in uno spazio in cui, al massimo, potevano pascolare le pecore. Se quello non era un moderno miracolo, poco ci mancava. Perché, ai più attenti, quello che stupiva era proprio questo. Vasco Rossi direbbe basta poco.
Ed infatti fu proprio così. L’inizio della fine, per chi lo ricorda, comincia con piacevoli ed innocenti massaggi gratuiti ad illustri personaggi della Protezione civile e notissimi imprenditori che farebbero pensare più ad uno scandaletto estivo stile Novella 2000 che allo smantellamento di un consolidato quanto ristretto sistema di potere. Il resto è cronaca. Nel 2008, il duo Anemone-Balducci (padre) viene coinvolto nella maxi indagine denominata “Grandi Eventi”: appalti per quasi un miliardo di euro pilotati con mazzette sonanti e poi affidati ai soliti noti da quella che, poi, la stampa nazionale definirà “la cricca”. Nel 2009 la situazione già molto complicata, addirittura, precipita: il Salaria Sport Village finisce al centro di uno scandalo edilizio misto ad abusivismo, in cui tra Mondiali di nuoto, vorticosi giri di favori e mazzette, Protezione civile, Vaticano e 33 imputati alla sbarra, sembra di tornare alla gloriosa e mai del tutto dimenticata Prima Repubblica.
La sentenza è impietosa: sequestro e chiusura.
Nel 2012, il Tribunale prima ne ordina il dissequestro e poi ci ripensa. Nel 2014, ci pensano due noti imprenditori romani Stefano Marchio (figlio di un notissimo e scaltrissimo senatore del Movimento Sociale a cui Francesco Storace faceva da autista) e Andrea De Angelis (Mondo Fitness) a riaprire le porte del Salaria. Ma il prezzo concordato con il Tribunale fallimentare per la gestione è a dir poco elevato: 85.000 euro mensili con la clausola di realizzare opere di ristrutturazione molto costose e una percentuale sui nuovi soci.
L’operazione si conclude in pochi mesi e miseramente.
Tra alti e bassi con l’ingresso di fondazioni ed associazioni, quanto meno serie e trasparenti, e società di calcio che mirano a valorizzare i giovani, la situazione è andata avanti fino allo scorso agosto, quando scende in campo, e non si potrebbe usare metafora più giusta, niente popò di meno che la F.I.G.C. (Federazione Italiana Gioco Calcio).
Un protocollo firmato dal presidente federale, Gabriele Gravina, e dal sindaco della capitale, Virginia Raggi, nell’agosto 2019, fa sognare una città che respira calcio e che, da troppo tempo, aspetta di poter vivere questa infinita passione in spazi adeguati, moderni e all’avanguardia. Bisognava solo attendere la fine del processo, la definitiva confisca e l’assegnazione all’Anbsc (Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), cosa avvenuta proprio in questi giorni, dopo che anche l’ultimo disperato ricorso di Anemone è stato, definitivamente, rigettato dal Tribunale. Si può voltar pagina e finalmente si può dare alla stampa il tanto aspettato annuncio: il Salaria Sport Village diventerà la “casa delle Nazionali”, ospitando non solo la Nazionale maggiore ma anche tutte le selezioni giovanili e coinvolgerà, anche, altre federazioni interessate. Inutile dire che è la prima volta che accade nella storia dello sport italiano. Una grandissima importanza verrà, poi, data alla disabilità. Non scordiamo, infatti, che essendo un bene requisito dallo Stato, impone precise regole di utilizzo e gestione.
Sport, sociale, solidarietà, ci sono tutte le premesse per fare bene e del bene. Mancherebbe la cultura. E allora perché non rilanciare l’idea di un Museo del calcio, finalmente, anche a Roma?
La location sarebbe perfetta e l’occasione è ghiotta soprattutto in previsione dei prossimi Campionati Europei rimandati, causa coronavirus, a giugno 2021. Quale occasione migliore per mostrare all’Uefa e alle federazioni partecipanti la ultra centenaria epopea del glorioso calcio italiano? Pensiamoci. Intanto una cosa è certa: la brillantissima intuizione del presidente Gravina che, anticipando sul tempo i possibili rivali (anche internazionali), si aggiudica quello che a tutti gli effetti è il gioiello più prezioso della famiglia azzurra, apre di fatto una nuova fase nella Federcalcio.
Non ce ne voglia il centro federale di Coverciano, la cui valenza storica appartiene di diritto alla tradizione, ma in questo caso, per utilizzare una metafora calcistica, non c’è proprio partita.
Da quanto si apprende, la stessa sede della Figc (comprese A.I.A. e Federcalcio servizi) si trasferirà nella prestigiosa struttura di via Salaria, di fatto, il modo migliore per ottimizzare tempi, costi, risorse e preparare le sfide future che parlano, sempre più insistentemente, di tecnologie nuove ed evolute e, perché no, anche di E-Sport.
Roma attende incuriosita, forse diffidente ma sicuramente non indifferente. E, questa volta, pretende la squadra migliore. Composta da professionisti, manager, e da uomini del fare. In poche parole, è stanca della solita “cricca”. Euro 2021 è alle porte, bisogna rifarsi il trucco, il tempo è poco, e questa volta non si può assolutamente fallire. Sarebbe come sbagliare un facile tiro a porta vuota o fare un clamoroso liscio. Dopo le figuracce con la Svezia che dopo 50 anni ci sono costate un Mondiale proprio non possiamo permettercelo. In bocca al Lupo F.I.G.C.!!!!