Così, caro Antonio, anche tu, ora, conosci in cosa consiste il Grande Mistero… La notizia ti prende come un pugno: sei in viaggio, il cellulare segnala una chiamata a cui non hai risposto; chiami, e Raffaele, un amico di una vita, ti dice: «Devo darti una brutta notizia…Antonio…».
Lo capisci subito; il giorno prima un altro tuo caro amico, Francesco, da Bologna ha chiamato per sapere se avevo tue notizie: al cellulare non risponde nessuno, e aveva saputo che qualcosa di serio era accaduto…Ma così in fretta, no… Ti prende un senso di sconforto. Sì: da tempo il lavoro e l’esperienza ti hanno insegnato che ognuno di noi è come una foglia aggrappata su un ramo in attesa. Ma la verità è che non si è mai davvero pronti; ci si sente sempre invincibili, all’orizzonte sempre un domani per fare quello che non si fa oggi…
Quanto tempo è passato, da quell’ultima telefonata, con l’intesa e la promessa di vederci? Almeno un anno. E ogni volta: domani, domani, domani… Invece, eccoci all’ultima Thule. Eccoci qui, a pensare a quel che si è fatto, a quello che è stato.
Quando quel giorno mi sono affacciato per la prima volta in redazione, a via Tomacelli, pieno di dubbi, più che perplesso: l’Avanti!, quotidiano di partito, il PSI; e PSI, in quegli anni è Bettino Craxi. D’accordo, l’agognato praticantato per diventare giornalista professionista, un sogno inseguito per anni; e poi, finalmente, una busta paga “sicura” tutti i mesi, e non una mercede ad articolo, a seconda del giudizio e dell’umore del capo-redattore…Ma cosa vorranno in cambio? Lo sanno che non sono iscritto al partito, e che è il Partito Radicale, a cui vanno le mie simpatie…
Sì, il PSI di Craxi mi sta bene, nel suo tentativo di spezzare la morsa DC-PCI; e poi tutte le grandi conquiste di civiltà di questo paese hanno sempre visto un’unione tra radicali e socialisti, a cominciare dalla legge Fortuna che introduce la possibilità di divorziare… Dunque quella socialista è una casa che si può frequentare… Poi non è il partito, è il giornale; in quegli anni se il titolo in prima pagina è quello “giusto”, se il corsivo di Craxi/Ghino di Tacco è impaginato a dovere, sul resto si può fare quello che si vuole.
O almeno a me riesce; e nessuno si è mai sognato di chiedermi se avevo o no la tessera socialista in tasca. Dopo qualche settimana mi mettono in pagina un articolo dove faccio l’elogio di John Wayne. Il direttore, Antonio Ghirelli, non batte ciglio. Solo dopo averlo pubblicato mi manda due righe di letterina: sarà anche stato un mito, ma era un fior di reazionario.
Un’altra volta posso contraddire Ugo Intini che definisce Giorgio Forattini un disegnatore qualunquista con pregiudizio contro Craxi e i socialisti; obietto che Forattini ce l’ha, equanime, con tutti, e non merita la qualifica di qualunquista. Forse non l’hanno letto, fatto è che né Intini né altri si sognano di replicare: “Bah!”. Su l’Avanti! mi lasciano pubblicare una serie di sei articoli da Israele, uno più filo-sionista dell’altro, ed era un momento in cui Israele non era tra le massime simpatie del PSI… Insomma, non c’è articolo che abbia pubblicato in quei due anni di praticantato di cui debba vergognarmi, e nessuno, direttore, vice-direttore o altri, che mi abbia dettato la “linea”. Ho avuto più margini di libertà in un quotidiano di partito che in altri giornali “indipendenti”.
È in quel cenacolo che incontro e conosco tanti colleghi che sono compagni nel senso vero e letterale del termine; e molti diventano amici. Una bella banda, tutto sommato, ne ho incontrate poche di simili, nell’ormai non breve mio cammino; e in quella banda un capo-redattore che scrive poco, ma controlla tutto; è sempre sorridente e allegro, la sua giornata la passa praticamente in redazione; raramente alza voce, fuma come una decina di turchi; sembra non prendere nulla molto sul serio; sembra anche un gran confusionario, ma alla fine tutto gli torna; ogni sera è una dannazione per rispettare gli orari della chiusura, c’è sempre un corsivo che tarda ad arrivare, un cambio di titolo, un qualche incidente che sembra irrimediabile. Lui con l’aria di chi dice: «Dovete fidarvi di me», imperturbabile, per calmare la tensione cumulata, non trova di meglio che raccontati di quella volta che a Parigi con Nenni, o a Belgrado, con Riccardo Lombardi… Come per magia, le cose nel frattempo si sistemano e tutto si stempera, va per il meglio…
Tutto sommato, per quanto scalcinati e con mezzi assai più ridotti di altri giornali, è stata una bella e felice stagione. Forse perché sulle spalle avevamo tutti la metà degli anni di ora; forse perché erano anni in cui si credeva di più, e si sapeva meglio dov’è e cos’è il sugo del sale…Sarà per tutto quello che si vuole, è stata comunque una bella stagione, ed è stato bello viverla.
Per quella stagione di Bohéme scanzonata e tutto sommato confortevole, devo ringraziare parecchie persone; e tra loro, tu caro Antonio. Malinconie, nostalgie, rimpianti lasciano il tempo che trovano; tu per primo ci diresti che non è il caso. Però lasciami sfogliare quei bei “supplementi” domenicali che curavi; quella storia dell’Avanti! di cui sei stato artefice; qualche pagina del tuo “Generazione tradita” pubblicato da Rubbettino, a cui tanto, giustamente tenevi.
Che la terra ti sia lieve, Antonio Giagni.