«Vado al capolinea del 247 e sto tranquillo!». Il ragionamento mi sembrava perfetto. Un grave errore invece. A Roma, per andare dal quartiere Prati all’Aurelio, c’è l’autobus 247. È una linea importante dell’Atac, l’azienda pubblica del trasporto urbano, perché collega la metropolitana Cipro alla stazione Aurelia.
Fatte due chiacchiere con un amico su questioni di lavoro, ho fatto a piedi circa 500 metri sotto un forte sole e sono andato al capolinea del 247 a Cipro. Passano 10 minuti di attesa senza vedere l’autobus e mi sembra normale. Poi passano 20 minuti e non si vede nulla: mi comincio a preoccupare. Ogni tanto arriva una persona: aspetta invano e spazientita se ne va. Io resto, caparbio: «Una linea di autobus tanto importante non può essere così trascurata».
Passano 30, 35 minuti. A un tratto ho un miraggio. Mi sembra di vedere un 247 entrare nel parcheggio del capolinea, ma è un altro autobus! Mi decido. La spinta determinante me l’ha data il sole bollente: il capolinea del 247 è senza una pensilina per riparare i passeggeri in attesa dalle intemperie e io sono per metà abbrustolito e per metà inondato dal sudore. Mi sposto verso un autobus parcheggiato al centro del grande capolinea dell’Atac e, si fa per dire, sono “fortunato”: al volante c’è un autista del 247.
Domando: «Che fine ha fatto l’autobus?». L’autista lascia perdere il telefonino e scuote la testa. Indica la sua vettura e dice: «È rotta! È vecchia!». Candidamente insisto: «Quando arriverà un altro autobus?». La risposta è sconsolante: «Su questa linea ci sono due vetture, la mia è rotta. Ne rimane una sola che fa su e giù…». Commento sconsolato: «E il disservizio agli utenti? Tutti gli appelli a usare il trasporto pubblico?». Perentorio si difende: «Non dipende da me!».
Già, dipende dai dirigenti dell’Atac: il 247 rotto non è stato sostituito da un’altra vettura e il disservizio non è stato nemmeno segnalato ai passeggeri né con un cartello né con un altro tipo di avviso. Disperato vado a casa a piedi, la strada non è poca…
Un disastro nel disastro generale dell’Atac e della giunta comunale Raggi. Virginia Raggi quando nel 2016 fu eletta trionfalmente sindaca grillina di Roma annunciò: «Il vento sta cambiando!». Ai romani fece promesse mirabolanti di rinnovamento e di efficienza invece non funzionano nemmeno i servizi fondamentali: gli autobus sono perennemente in ritardo, i cassonetti sono stracolmi di rifiuti, le strade sono tappezzate di buche, gli alberi dei giardini e dei parchi ogni tanto crollano su qualche malcapitato.
Risultati pessimi. Eppure Virginia Raggi, dopo il dietrofront del M5S sul tetto dei due mandati elettorali, si è ricandidata a sindaca di Roma nelle elezioni del 2021 dicendo: «Riteniamo fondamentale andare avanti, continuare a costruire, a realizzare».
A «realizzare» cosa? Forse si riferisce alla regola anti Covid-19 del distanziamento sociale. È difficile osservare il distanziamento dei passeggeri sugli autobus, è più semplice applicare il distanziamento tra una vettura e l’altra!