Beppe Grillo dà l’ennesimo calcio alla democrazia rappresentativa e al Parlamento. Il garante del M5S ha proclamato: «Non credo più nella rappresentanza parlamentare». Si dichiara anche a favore del voto elettronico e della scelta per sorteggio dei parlamentari.
Certo non sono una novità queste affermazioni. Da anni il comico genovese sostiene queste tesi in chiave anti Casta. Tuttavia diventano dirompenti in questo caso. Questa volta ha svolto l’urticante intervento non in un comizio (su Internet o in una piazza) ma in un dibattito con il presidente del Parlamento europeo, il Pd David Sassoli. Mostrandosi in video ha anche demolito il Recovery Fund della Ue: «State costruendo una società del debito».
È un calcio al Parlamento, ai partiti tradizionali ma di fatto ai cinquestelle, ancora oggi la prima forza politica alla Camera e al Senato nonostante le tante espulsioni e i molti addii. È un calcio anche ai grillini che sono usciti a pezzi dalle elezioni regionali del 20 e 21 settembre. Ed è un calcio che fa più male perché arriva dal loro capo carismatico: l’Elevato (come si definisce) che ha inventato il M5S come forza di opposizione anti élite, euroscettica e populista. Il capo carismatico delle svolte a sorpresa: dal “mai alleanze” al sì prima al governo con la Lega di Salvini e poi all’esecutivo con il Pd di Zingaretti.
È un calcio alla sua creatura politica perché Di Maio e il gruppo dirigente pentastellato appoggiano con entusiasmo l’uso degli oltre 200 miliardi di euro stanziati da Bruxelles per l’Italia con il Recovery Fund, il piano di ripresa post Coronavirus.
Luigi Di Maio ai primi di settembre ha ribadito il no alle risorse europee del cosiddetto fondo salva stati, il Mes, anche perché «stiamo pensando al Recovery Fund». Già, è un sì proprio al fondo Ue per la ripresa al quale adesso ha dato un calcio Grillo.