E arriviamo così al dramma dell’eterno precario, a quell’onda infinita che trasporta, su e giù, coloro che non esistono, che non hanno diritti, uomini e donne tra i 20 ed i 50 anni buoni soltanto a ingrossare le varie statistiche, ma ai quali è negato il certificato di esistenza in vita…
Esistenza in vita garantita da genitori, nonni e consanguinei vari che contribuiscono alla loro sussistenza in tutti i modi: pratici ed economici. E qui ovviamente non si può non parlare di un sistema bancario malato e arroccato esclusivamente sui suoi interessi, altro che servizio e aiuto alle imprese e alla comunità!
Se è vero che il “posto fisso” è sempre di più una chimera garantita ancora e solo nella Pubblica Amministrazione in tutte le sue possibili declinazioni. E allora sarebbe ora che il Governo suonasse la sveglia ad un sistema bancario che finanzia solo gli amici degli amici, le aziende decotte, gli investimenti a perdere, ma di certo ad un precario non è consentito accedere ad un mutuo, ad un prestito, ad un finanziamento per una propria attività…i pochi fortunati fungono solo da specchietto per le allodole. E di certo il dissesto delle banche non è da attribuire ai finanziamenti verso i precari, ai quali al contrario, spesso, si tenta di rifilare titoli e fondi malati accompagnati da tante e false promesse.
Le banche sono società private e lo Stato non può imporre le sue regole? Bene, la smetta di affidargli la gestione del denaro pubblico o di fargli gestire i fondi europei, di accreditare stipendi e pensioni…Lo Stato può utilizzare i canali pubblici istituzionali, ai quali, di certo, può imporre regole e comportamenti.
Tutto questo dovrebbe interessare anche i sindacati, quasi sempre impegnati solo a difendere i diritti acquisiti, di coloro che un lavoro lo hanno già conquistato, ma anche la difesa dei diritti di chi non ha diritti rientrerebbe nei loro compiti, purtroppo le infinite sigle sindacali, oggi sembrano tutte impegnate a occupare spazi sul fronte della fornitura di servizi, ma se non c’è lavoro, a chi forniranno tutti questi servizi?
Ora che i contorni della situazione italiana iniziano a evidenziarsi in tutta la loro complessità, possiamo passare alla complicazione principe: la burocrazia. Una burocrazia che tutti vorrebbero snellire (come il fisco d’altronde!) e in tanti si sono vantati di averlo fatto (?) ma che resta sempre lì, immutata e più aggressiva. Soffoca imprese, libere iniziative, semplici cittadini, non credo ci sia troppo da dilungarsi su questo tema, ogni cittadino sa benissimo di cosa si parla, ma per farla breve due piccole annotazioni mi sento in dovere di farle.
Nel 1998/1999 Pier Luigi Bersani come ministro dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato liberalizza il mercato elettrico e introduce modifiche meno stringenti nelle normative sul commercio. Nel febbraio del 2009 Roberto Calderoli, allora ministro per la Semplificazione Normativa afferma di aver soppresso 29 mila leggi inutili, a marzo 2010 dà simbolicamente fuoco a 150 scatole contenenti 375 mila leggi abrogate in 22 mesi di legislatura.
Su questo tema potremmo citare altri esempi di interventi di cui poco o nulla i cittadini hanno recepito, ma veniamo ai giorni nostri e analizziamo quanto avvenuto durante l’emergenza del Covid 19. Basta andare sul sito del Governo (governo.it) e fare una ricerca sui vari Dpcm e Dl emanati, ce ne sono una quantità da perdere la testa (e i commercialisti e consulenti del lavoro ne sanno qualcosa!), ma non vogliamo entrare nel merito dei contenuti né fare facile ironia sulla quantità di pagine e articoli, la cosa più interessante è che prima di arrivare al nocciolo della questione occorre superare un’infinità di riferimenti ad altre leggi e, perfino, a Regi decreti: vista la legge del…. Visti gli articoli…. E così via per paginate e paginate. Qualcosa non funziona, forse ci sono da abrogare ancora tante e tante leggi, o forse esiste una strada più rapida per dare corso a quanto si ritiene opportuno fare senza dover mandare al manicomio i professionisti che poi dovranno mettere in pratica tali normative e fornire risposte immediate ai cittadini. Alla faccia della tanto decantata sburocratizzazione.
Terzo articolo – Segue