Diciassette milioni i “Sì”, sette milioni i “No”, un risultato in gran parte scontato, ma per dirla con Emma Bonino, da sempre contraria al taglio dei parlamentari: «Sconfitta netta e risultato straordinario».
Certo i numeri nudi e crudi potrebbero far pensare ad una disfatta dei “No” (70 per cento per il “Si” e 30 per cento per il “No”), ma non è così. Sette milioni non sono bruscolini, ha votato il 53 per cento degli aventi diritto e, inoltre, la vittoria del fronte del “Si”, con oltre il 90 per cento del Parlamento favorevole (senza tener conto dei numerosi ripensamenti) al taglio, avrebbe dovuto avere ben altre percentuali.
Gli effetti sul breve, brevissimo periodo del risultato del referendum e del voto regionale, fanno tirare un sospiro di sollievo al governo “demopopulista”. Adesso però la coalizione di governo si trova costretta a dover affrontare una serie di riforme non più rinviabili, pena il caos totale delle istituzioni.
La vittoria del “Sì” e la modifica degli articoli 56 e 57 della Costituzione, lascia sul tavolo diverse questioni spinose: la riforma della legge elettorale, il bicameralismo paritario, i collegi elettorali, i regolamenti parlamentari e la composizione delle commissioni, la questione dell’elezione dei senatori ora determinata a livello regionale.
Inoltre, si pongono alcune questioni di carattere tecnico e di quorum previsti da altri articoli, quali l’83 (elezione del presidente della Repubblica), il 90 (messa in stato d’accusa del capo dello Stato), il 104 (elezione dei membri laici del Csm) e il 135 (composizione della Corte Costituzionale).
Quindi per riassumere, con il taglio dei parlamentari (meno 230 alla Camera e meno 115 al Senato) in Italia avremo un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila. Attualmente la Germania, con 82 milioni di abitanti, possiede la Camera più numerosa: i deputati del Bundestag sono 709, uno per circa 117.000 abitanti. L’Assemblea Nazionale francese – che rappresenta una popolazione di 67 milioni di persone – si compone di 577 membri eletti, un deputato per poco più di 116.000 abitanti. Il Regno Unito, con 66 milioni di abitanti, ha 650 deputati, uno per circa 100.000 abitanti. Ma lasciamo stare i numeri ed i confronti, il nodo centrale è il funzionamento e il rispetto della rappresentanza reale, cioè la scelta che i cittadini fanno per eleggere i loro rappresentanti. E qui sta l’altro nodo centrale che la vittoria dei “Sì” non ha risolto: nell’attuale sistema elettorale le candidature vengono decise dalle segreterie dei partiti, un passo verso il controllo totale del Parlamento da parte di pochi.
I parlamentari infatti non risponderanno, come dovrebbe essere in democrazia, ai cittadini bensì all’apparato di partito. Per lo storico Franco Cardini quello che è accaduto con il referendum vuol dire che: «La gente ci è cascata. Dici che ci sono troppi fannulloni in Parlamento e via! Ma mica sono tutti uguali! Ne prendo due tra quelli che stimo: Riccardo Nencini e Giorgia Meloni. Di loro non ce n’è mica troppi. Con il taglio di deputati e senatori non si eliminano i ladri e i fannulloni, ma solo il principio della rappresentanza democratica. Con la vittoria del sì dovremmo essere in lutto nazionale"».
E sulla scelta salviniana di candidare la Ceccardi in Toscana dice: «Ma sanno anche che molti vivono nella nostalgia dell’uomo forte, anche se la Ceccardi è una donna. Siamo un popolo di antifascisti che rimpiange il duce. Volevano fare la duchessina di Toscana. Ma hanno fatto buca"».
Quali indicazioni allora trarre dai risultati del doppio voto, referendum, regionali, quale il senso di un risultato non scontato e poco previsto dai sondaggisti? Si può dire, forse peccando di eccessivo ottimismo, che si intravedono i primi germi che potrebbero sancire il declino dell’era degli insulti, delle fake news, del sovranismo, dei “malpancisti”, degli eccessi sui social, della politica urlata, del presenzialismo fine a se stesso, della ricerca dell’uomo della provvidenza? Ora a urne chiuse e con le cifre definitive ormai acclarate, si può affermare che la vittoria dei “Sì”, alla fine non è stata quel trionfo che tutti si aspettavano. Insomma, tra i voti di pancia, che andrebbero depennati perché privi di motivazioni concrete, e il voto ragionato, sia per il “Sì” che per il “No”, possiamo dire che in fondo la vittoria non è stata poi così schiacciante.
E veniamo alle regionali, dove, forse, è presente quel germe di cambiamento che abbiamo ipotizzato (sconfitta di Salvini rispetto alle attese, progressiva scomparsa dei Cinque Stelle che abbiamo ipotizzato (sconfitta di Salvini rispetto alle attese, progressiva scomparsa dei Cinque Stelle che, tra l’altro, con la vittoria del “Sì” e con i risultati delle elezioni potrebbero addirittura scomparire dal Parlamento!), un risultato che potrebbe far ben sperare, se non ci fosse quello di altre due regioni: Veneto e Campania, dove il plebiscito per i governatori riconfermati rimette in primo piano il culto della persona, «i signorotti governatori di feudale memoria» come direbbe lo storico Franco Cardini. Ora come evolverà la situazione politica lo vedremo solo nei prossimi mesi, ma le premesse e i contrasti, già esplosi nel governo non fanno presagire nulla di buono.