Sono terroristi
figli della Rete

Gilles Kepel, attento osservatore dei fenomeni legati agli attentati di matrice islamica, offre una chiave di lettura per cercare di capire quanto accade: frutto di «uno jihadismo alimentato da giovani estremisti di quarta generazione, che si radicalizzano individualmente quasi sempre navigando in Rete, cresciuti in ambienti che propagandano l’odio per i valori delle società laiche occidentali».

attentati, Indagini dopo l'attentato dei terroristi a Nizza

Indagini dopo l’attentato dei terroristi a Nizza

Radiografia interessante. Ci sono stati prima attentati e stragi (la più eclatante le Twin Towers di New York), attentamente e lucidamente programmate; terroristi ideologicamente formati, addestrati, abbondantemente finanziati. Subentra poi un terrorismo fai da te, con alle spalle comunque una solida rete di complicità e ambienti omertosi. Ora, sempre più, siamo ai “cani sciolti”: personaggi anche mentalmente instabili, pericolosi certamente, ma che sembrano colpire alla cieca, comunque meno organizzati dei loro fratelli “maggiori”. A Parigi, il 25 settembre scorso colpiscono il venerdì, giorno simbolo per i musulmani, ma ignorano che il settimanale “Charlie Hebdo”, da tempo ha cambiato sede. Il 16 ottobre viene sgozzato l’insegnante Samuel Paty: una vittima facile da colpire, inerme com’era. Poi la strage alla chiesa di Nizza, infine la notte di fuoco a Vienna…

Ci sono elementi in comune: gli autori queste stragi non sembrano essere affiliati ad alcun gruppo. Sono estranei alla struttura piramidale di al-Qaeda; non fanno parte della più flessibile rete ISIS. Sono figli della Rete e delle moschee dove predicano impuniti imam radicali. Ci sono quelli che in gergo gangsteristico si possono definire “diti”: qualcuno, come nel caso di Paty, indica chi colpire, persone o ambienti; la cosa gira in Rete, e di tweet in tweet, si trova il manovale che si presta.

Attentati, Manifestazione in Francia contro il terrorismo islamico

Manifestazione in Francia contro il terrorismo islamico

Non è più sufficiente, a questo punto, il rituale e logoro: «Siamo tutti ebrei», «Siamo tutti americani», «Siamo tutti francesi», «Siamo tutti viennesi». Occorre ben altro, più di tutti lo dovrebbero sapere i francesi. Prima della sciagurata riforma voluta da François Hollande, i cugini d’oltralpe disponevano di uno dei più efficienti servizi segreti del mondo: capaci di operazioni “sporche” tecnicamente eccellenti al pari degli israeliani e dei sovietici.

Da anni quei “servizi” esistono solo nei romanzi di spionaggio. Da tempo mostrano vistosi limiti, imperdonabili lacune e incapacità: non controllano intere zone delle grandi città francesi, non hanno informatori, infiltrati, non sanno fare e non fanno opera di prevenzione: quello che è specifico e precipuo compito di un servizio segreto. Sotto i loro impotenti occhi, si costituiscono e proliferano comunità musulmane organizzate come uno Stato all’interno dello Stato; gestiscono senza controllo scuole, ospedali, strutture di assistenza, moschee.

Attentati, La cattedrale di Notre Dame a Nizza

La cattedrale di Notre Dame a Nizza

Poi, certo, nell’ambito delle guerre non dichiarate che sono in corso, la vera posta è costituita da corposi interessi concreti che nulla hanno a che fare con la Janna e le 72 houri in premio per il martire islamico. Gli “attori” di questo war game sono gli interessi della Francia, della Cina, Turchia, Stati Uniti, Israele, dell’Italia stessa: in Africa e nei paesi arabi, e nel bacino del Mediterraneo.

C’è poi un altro aspetto: è davvero curioso che dei terroristi islamici non si sappia nulla, fino al giorno prima delle loro imprese. Il giorno dopo, notiziari radio-televisivi e giornali ci raccontano tutto di loro. Sappiamo che erano schedati, conosciuti, si individuano percorsi, rifugi, complici. Può solo significare che qualcuno sapeva, qualcuno disponeva di informazioni e conoscenza; ma non ne ha saputo fare adeguato e buon uso. Non ha saputo “leggere” quelle informazioni, mettere a tesoro quella conoscenza. Questo nel migliore dei casi.

Detto questo, il resto è di facile e logica conseguenza.