Prima le indiscrezioni. Poi l’impensabile proposta, impossibile almeno fino a poco tempo fa: l’azzeramento del debito pubblico da virus. David Sassoli socchiude la porta all’ipotesi: «È una ipotesi di lavoro interessante, da conciliare con il principio cardine della sostenibilità del debito». Il presidente del Parlamento europeo, in una intervista a Repubblica, motiva l’idea con l’enorme debito pubblico contratto dagli Stati europei per affrontare l’emergenza Covid-19.
Il miracolo dell’azzeramento del debito pubblico da virus è difficile ma non impossibile. Milioni di contagiati, centinaia di migliaia di morti, un mare di aziende chiuse o quasi in bancarotta, una disoccupazione di massa in Europa. L’elenco delle nazioni più colpite in questo durissimo autunno è lungo: Italia, Francia, Spagna, Belgio, Olanda, Svezia, Austria, Repubblica Ceca, Romania. È una tragedia umana, sanitaria, sociale, economica epocale. Il presidente francese Emmanuel Macron l’ha definita «una guerra». Mario Draghi l’ha considerata come una guerra perché è «una tragedia umana potenzialmente di proporzioni bibliche». Così l’ex presidente della Bce (Banca centrale europea) ha sollecitato a utilizzare a manetta il debito pubblico per difendere i posti di lavoro dalle devastazioni della pandemia.
Nella scorsa primavera la Germania e i paesi del nord Europa continuavano a predicare il rigore finanziario, forse perché il cataclisma li risparmiava e mieteva vittime soprattutto nei paesi deboli come Italia e Spagna. Ma poi Angela Merkel si scosse, cambiò posizione. La cancelliera tedesca a giugno riuscì a convincere i suoi concittadini e i suoi alleati del Nord con argomentazioni forti: oltre alla solidarietà è nel «nostro interesse» salvare i paesi più deboli come Italia, Spagna, Portogallo, Grecia. Così arrivò un sofferto sì ad aprire il portafoglio: la commissione europea varò aiuti come il Recovery Fund (fondo per la ripresa), il Sure (gli stanziamenti contro la disoccupazione), il Mes rivisto (i prestiti per la sanità senza condizioni). Parallelamente la Bce di Christine Lagarde diede il via a nuovi massicci acquisti di titoli del debito pubblico dei vari paesi di Eurolandia (in particolare di quelli più in difficoltà come l’Italia).
Ora sembra arrivata l’ora del match sulla cancellazione del debito da Covid-19. Almeno il tema è stato posto formalmente sul tavolo della Ue. Sassoli l’ha collocato nell’ambito di una riforma dei trattati europei «per dare più governo e più sovranità all’Unione». Ha lanciato molte proposte: di «eliminare il diritto di veto» dei singoli Stati, di «rendere permanente il Recovery Fund e definitivo l’indebitamento comune», di rivedere il Patto di stabilità sull’euro, di riconvertire il Mes (è «anacronistico») in uno strumento comunitario e non più dei governi (in modo da non far prevalere le logiche degli Stati «più forti»).
La carne sul fuoco è tanta. Sassoli indica la strada di una riforma radicale della Ue, sempre osteggiata dalla Repubblica federale tedesca e dai paesi del Nord. Gli ostacoli sono tanti. Anche ora c’è chi, come la Polonia e l’Ungheria, rimette in discussione perfino il Recovery Fund sollevando il “veto” al bilancio europeo. È molto complicato dare un calcio al tabù dell’azzeramento del debito pubblico da virus. Angela Merkel per ora tace. Per molti la svolta è indigeribile per la cancelliera tedesca. Ma fino a sei mesi fa era indigeribile anche la messa in comune del debito. Ed ora la pandemia sta travolgendo tutta la Ue, anche i paesi più forti e non solo quelli più deboli.