Il 2020, l’anno della pandemia, ha messo in maggiore evidenza le criticità del Servizio Sanitario del Lazio. È opinione diffusa che il potenziamento e la riqualificazione dell’insieme del SSR passi non solo dalla volontà dei decisori istituzionali di investire nel pubblico le risorse finanziarie che, per la prima volta dopo anni di riduzione della spesa, corrente e per investimenti, stanno affluendo alla Regione Lazio, ma anche dalla volontà di rivalorizzare il proprio patrimonio immobiliare.
In particolare quello costituito dagli ospedali a suo tempo chiusi ma non riutilizzati nel SSR. Gli ospedali chiusi vanno riaperti per essere riusati per funzioni sociosanitarie. Sindacati, amministratori locali e cittadini hanno più volte avanzato e avanzano alla Regione questa richiesta che, senza apprezzabili esiti, è stata oggetto di discussioni in commissione regionale sanità come anche argomento per dichiarazioni – stampa di forze politiche. Vi sono state trasformazioni di alcuni di quei piccoli ospedali, in tutto o in parte, in Case della salute, RSA pubbliche, PPI ecc.
Le difficoltà attuali che i cittadini incontrano nell’accesso alle cure ospedaliere segnalano tuttavia come vera urgente priorità, soprattutto quella del potenziamento e riqualificazione dell’attuale rete ospedaliera. È in atto una riorganizzazione che è soprattutto indotta dalla necessità di intervenire sulla cura ospedaliera dei casi di positività al Covid.
Le rappresentanze sociali, nella distinzione di ruolo rispetto alle istituzioni sanitarie, devono potersi confrontare sulla riorganizzazione in atto che incide sul presente e che condiziona il futuro. La rete ospedaliera che non risponde ai bisogni di salute non Covid, e ha seri problemi nella cura Covid, è diventata una questione di primaria importanza che sta ingenerando un vero e proprio allarme sociale. In costanza di Covid la fruibilità del Livello Essenziale di Assistenza (LEA) ospedaliero non è garantito a tutti. L’osservanza dei criteri dell’urgenza (priorità) della prescrizione del MMG in tantissime situazioni non viene parimenti garantita. Il controllo sociale appare sempre più un dovere piuttosto che una facoltà.
La rete ospedaliera, nella stagione del taglio dei posti letto, fino ai più recenti provvedimenti del 2020, è già stata oggetto di una plurima normazione regionale e di conseguenti diversi, parziali interventi di riorganizzazione. Di recente la Regione Lazio è intervenuta nella rete pubblica ospedaliera del Lazio, che è il cuore della risposta ai bisogni sanitari acuti, per recuperare posti letto per il Covid. Con l’ordinanza n.64/2020 è stato deciso di incrementare di “ulteriori” posti letto la dotazione esistente alla data. Alcuni reparti sono stati resi disponibili per interventi Covid. La determinazione G 12910 del 3.11.2020 ha dato attuazione alla citata ordinanza.
I percorsi chirurgici facenti capo a quei reparti resi disponibili, sono trasferiti «per il periodo di emergenza Covid» anche presso strutture autorizzate «con correlata riallocazione anche parziale dei livelli di finanziamento assegnati». In questo modo, come osserva Franco Brugnola nel suo blog, «con la motivazione dell’urgenza viene ridisegnata la mappa della spedalità privata del Lazio, ma soprattutto si dimostra ai pazienti che, anche se solo per il momento, le strutture pubbliche non sono più in grado di assisterli».
Ma quando tutto questo sarà finito chi ci dice che quei reparti pubblici verranno riattivati e che quei pazienti torneranno a farsi curare nelle strutture pubbliche? Quanto costerà tutto questo ai cittadini? Chi farà i controlli? È dunque sul riordino della rete ospedaliera in quanto tale che va posta l’attenzione. Proposte e soluzioni sono possibili a partire da una analisi della realtà, sulla base di dati certi e di stime di quanto, oggi e in termini di fabbisogni futuri, occorre quanto a posti letto, a personale, a beni strumentali ecc.
La rete ospedaliera del Lazio ha un numero complessivo di posti letto inferiore a quanto indicato dagli standard nazionali, 3,7 posti letto per 1000 abitanti, (comprensivo dello 0,70 per riabilitazione e lungo degenza post acuzie). La vicenda Covid in atto ha già richiesto l’implementazione dei posti letto attivi con conseguente riordino. In termini più generali si sta mettendo mano alla rete ospedaliera tenendo conto di quanto indicato dal D.L. N. 34 del 19 maggio 2020 (art 2- “Riordino della rete ospedaliera in emergenza covid-19”). Con l’art. 2 è stato chiesto alle regioni di inviare al governo entro gg. 30 dal provvedimento un piano (cosa avvenuta anche da parte della Regione Lazio) e di procedere, in assenza di rilievi, nella sua attuazione.
Le regioni dovranno garantire l’incremento di attività in regime di ricovero in terapia intensiva, tramite apposito piano di riorganizzazione. Verrà resa strutturale la dotazione di almeno 3.500 posti letto di terapia intensiva (corrispondente ad un incremento di circa il 70% del numero di posti letto preesistenti la pandemia) e dovrà essere programmato un incremento di 4.225 posti letto di area semi-intensiva. In relazione all’andamento della curva pandemica, per almeno il 50% di questi posti letto, si prevede la possibilità di immediata conversione in posti letto di terapia intensiva, mediante integrazione delle singole postazioni con la necessaria strumentazione di ventilazione e monitoraggi.
L’esigenza di riordino della rete ospedaliera nasce tuttavia da cause e motivazioni anteriori che risalgono ad anni precedenti. Il che era già evidente negli anni in cui alle esigenze di appropriatezza alla base della chiusura di ospedali che non la garantivano, se ne sono sovrapposte altre, prevalenti, non sufficientemente contrastate, di mero contenimento della spesa sanitaria attraverso il taglio di posti letto. Sono molti quelli che nel Lazio in questi anni hanno levato un grido d’allarme per la riduzione del numero degli ospedali (da 66 a 43), per la riduzione dei posti letto pubblici e per l’indebolimento del pubblico contestuale all’aumento di ruolo della spedalità privata accreditata.
Val la pena ricordare che alla data del 1° gennaio 2010, secondo quanto risulta dall’Open data del ministero della Salute, i posti letto complessivi (pubblici e privati) per acuti, riabilitazione e lungodegenza nella Regione Lazio erano 25.248. Il 30 settembre 2010 la Regione Lazio con il Decreto n. 80 (decreto Polverini) “Riorganizzazione della Rete ospedaliera regionale” aveva individuato molti ospedali da riconvertire nei così detti “ospedali distrettuali”, nella realtà presìdi territoriali privi di posti letto.
In particolare l’allegato “B” di detto decreto prevedeva la dismissione dell’attività per acuti, sia pur con alcune differenziazioni, per i seguenti ospedali: Monterotondo, Guidonia, Zagarolo, Anagni, Ceccano, Pontecorvo, Ceprano, Ferentino, Isola del Liri, Rocca Priora, Ariccia, Centro Paraplegici di Ostia (conservava la riabilitazione per mielolesi), Villa Albani di Anzio, Sezze, Gaeta, Minturno, Bracciano, Montefiascone, Ronciglione e Magliano Sabina. Per Arpino e Atina fu prevista la dismissione dell’attività sanitaria e la destinazione ad attività sociali. A seguito dell’intesa Stato Regioni in data 5 agosto 2014, il 2 aprile 2015 è stato emanato il decreto n.70 “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”.
Alla data del 1° gennaio 2017 i posti letto complessivi nel Lazio erano già ridotti a 21.069. Con il DCA 5 luglio 2017 n.U00257 la Regione Lazio ha dato attuazione al predetto DM 70/2015 (allegato 1), rimodulando il numero complessivo dei posti letto a 21.067 di cui per acuti 16.994 (15.002 ordinari – comprensivi dei 488 posti letto riservati alla Regione Lazio dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che com’è noto è extraterritoriale, e 1.992 Day hospital). I posti letto per riabilitazione erano invece 3.138, di cui 2.905 ordinari e 233 per Day hospital, mentre 935 erano destinati alla lungodegenza. Se si va a guardare il DCA n. U00257/2017, rispetto alla popolazione residente in Regione, il rapporto posti letto per 1.000 abitanti risulterebbe rispondente ai requisiti fissati dal DM 70/2015, con un’offerta programmata rispettivamente di 2,99 x 1000 abitanti, sostanzialmente corrispondenti allo standard complessivo di 3,7 per 1000 abitanti.
In effetti nella realtà di Roma dove lo standard appare complessivamente raggiunto (in effetti è la sola ASL RM1 con il 6,49 a stare sopra lo standard), si è seguitato ad accreditare posti letto privati senza alcuna logica programmatoria, atteso che nelle restanti provincie del Lazio il diritto al Lea ospedaliero non era come non è oggi garantito dalla necessaria dotazione di posti letto (il range è tra lo 0,63 della RM4 e il 2,2 della ASL RM LT). Una variabilità questa tra Roma e le provincie che si ripete anche per gli altri servizi sanitari. Se poi si vanno a vedere i posti letto per acuti dei presìdi pubblici si vede che sono stati ridotti a 11.391, benché il fabbisogno previsto dallo standard sia pari 17.510. In sostanza i posti letto pubblici sono diminuiti mentre quelli accreditati sono aumentati, passando dai 2.615 del 2010 ai 2.755 del 2018. A causa dell’aumento dell’incidenza dell’epidemia, con diversi provvedimenti la Regione Lazio è più volte intervenuta per i necessari aggiustamenti di tiro in relazione all’intensità del contagio Covid registrata nelle fasi successive al febbraio 2020.
Da ultimo, con l’ordinanza Z00065 del 5 novembre 2020, la Regione Lazio ha varato ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid, con particolare riguardo alla ridefinizione della rete ospedaliera regionale con rimodulazione dei posti letto ordinari per i pazienti Covid da 2.381 a 4.429 e quelli di terapia intensiva da 532 a 901, per un totale complessivo di 5.330.
Come appare ad un primo sommario esame il peso maggiore dell’epidemia, pur tra mille difficoltà, è stato assunto ancora una volta dalle strutture pubbliche grazie al grandissimo impegno di tutti i suoi operatori. È evidente come solo alcuni direttori generali abbiano utilizzato strutture dismesse mentre altri hanno scelto di sottrarre posti letto all’attività ordinaria. Il servizio pubblico per il Covid ha messo a disposizione 3.157 posti letto, gli ospedali classificati, le università private 1.209 posti letto e gli accreditati solo 861.
Il dato segnala (con il 60% del totale dei posti letto resi disponibili) il contributo delle strutture pubbliche nel contrasto al Covid. Il pubblico pur nelle criticità dovute ai tagli, che sono iniziati nel 2010, dieci anni or sono, ha risposto bene rispetto al privato (tra accreditati e classificati 40% del totale dei posti letto, resi disponibili).
Ora a fronte dei diversi interventi posti in essere dalla Regione Lazio ed alla luce di una riorganizzazione non completata al momento in cui la Regione è entrata nella condizione di pandemia, tenuti anche presenti quelli posti in essere a causa del Covid (che sono da rivedere al momento in cui – uscendo dalla condizione pandemica – sarà possibile avviare una revisione degli assetti recentemente dati alla rete ospedaliera pubblica e privata accreditata) appare importante entrare nel merito di come la stessa si sta venendo a configurare, di come al riguardo si sta programmando anche alla luce del rapporto tra SSR e spedalità privata in committenza che nel frattempo ne viene rafforzata.
La rete ospedaliera pubblica dovrebbe garantire, e oggi non garantisce, l’esigibilità dei LEA ospedalieri. I pronti soccorso sono diventati la soluzione obbligata per le persone con cronicità che il MMG non riesce a seguire anche perché caricato di attività che non competerebbero a un medico libero professionista convenzionato. L’insieme dell’emergenza-urgenza è sotto una pressione enorme.
La questione della funzionalità della rete ospedaliera è la priorità urgente che necessita di risposte che è difficile immaginare come rinviabili ad altri tempi.