Dopo la “variante inglese” ci cono anche le “varianti venete” del Coronavirus. Così si spiega perché è il Veneto e non è più la Lombardia l’epicentro del Covid-19 in Italia. Il Veneto non è più un modello, da novembre sta battendo ogni triste primato. Il giorno di Natale, venerdì 25 dicembre, oltre 5.000 nuovi contagiati in un giorno, la metà della confinante Lombardia. Ha toccato un tasso di positività del 36% sui tamponi effettuati, il triplo di quello nazionale. Sabato 26 dicembre, Santo Stefano, è andata un po’ meglio con poco meno di 2.500 infettati.
Il Natale 2020 è stato il più buio per l’Italia e, in particolare, per il Veneto dalla Seconda Guerra Mondiale. È stato disastroso per la pandemia e perché gli italiani sono tornati ad essere “confinati” in casa nei giorni festivi tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 per cercare di arrestare i contagi.
Cosa succede? Perché il Veneto adesso è violentemente flagellato dalla pandemia mentre nella prima ondata iniziata a febbraio aveva in parte schivato i colpi più duri? Luca Zaia ha cominciato a dare le prime risposte al mistero. Il presidente della regione Veneto ha sottolineato in una conferenza stampa: il virus della prima ondata non c’entra niente «con quello che circola adesso», il Covid della seconda ondata è frutto di «una nuova mutazione».
La dottoressa Antonia Ricci, direttrice dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, in parte ha scagionato la terribile “variante inglese”: soltanto tre persone negli ultimi giorni sono state trovate “positive” al contagiosissimo Covid-19 modificato scoperto nel Regno Unito. Ma ha indicato i “colpevoli” in alcune modificazioni del virus rilevate nel Veneto: «Ci sono 37 virus isolati nel Veneto a novembre, in questi abbiamo 8 diverse varianti del Sars Covid 2, non la variante inglese in quel mese». Si tratta invece di «alcune mutazioni che abbiamo riscontrato solo sul nostro territorio». Tuttavia il mistero sanitario resta perciò: «Dovremo approfondire meglio queste varianti “territoriali”».
È un grave problema sanitario con rilevanti conseguenze politiche. Luca Zaia è un governatore del Veneto molto apprezzato. Lo scorso settembre riuscì ad essere riconfermato presidente della giunta regionale con un risultato trionfale: oltre il 75% dei voti. Ottenne tanti consensi, anche oltre il perimetro elettorale della Lega, anche perché il Veneto era riuscito a superare abbastanza bene la prima ondata della pandemia grazie al professor Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia dell’università di Padova (inventò la strategia dei tamponi a tappeto per scovare i “positivi” asintomatici). Ma poi il rapporto tra Crisanti e Zaia entrò in crisi e la sanità veneta ora è in grande difficoltà contro la pandemia.
I gravi danni provocati dalle “varianti venete” possono causare serie conseguenze politiche. La popolarità di Zaia potrebbe subire un duro colpo. A pensare che a settembre c’era chi pensava a lui come nuovo segretario della Lega al posto di Matteo Salvini.