Torino ha dato all’Italia i Savoia e la Fiat. Ora arriva Stellantis. La monarchia sabauda e la Fabbrica Italiana Automobili Torino sono stati due simboli dell’identità nazionale italiana. La casa reale è affondata ingloriosamente per i suoi errori lasciando il passo alla Repubblica. La potentissima Fiat, tra alti e bassi, prima è diventata Fca acquisendo l’americana Chrysler e adesso si è trasformata in Stellantis per la «fusione paritaria» con la francese Psa.
Lunedì 4 gennaio, prima l’assemblea straordinaria degli azionisti Peugeot Citroen e poi quella di Fiat Chrysler Automobiles, hanno approvato l’accordo che dà vita a Stellantis.
John Elkann è soddisfatto: «È un ulteriore coraggioso passo avanti nel nostro viaggio…Vogliamo avere un ruolo di primo piano nel prossimo decennio, che ridefinirà la mobilità».
Le nozze hanno un prezzo alto: scompare lo storico nome Fiat. Non sempre avviene nelle fusioni industriali. Quando una grande azienda automobilistica, come la General Motors o la Volkswagen, ha assorbito altre case non ha abbandonato il suo nome. Quando il Lingotto acquisì la Chrysler rimase un segno dell’antica denominazione: Fca, cioè l’acronimo di Fiat Chrysler Automobiles. Ora invece le nozze con la Peugeot-Citroen fanno sparire del tutto ogni segno delle radici. John Elkann, presidente del neonato gruppo e prima di Fca, tempo fa ha spiegato la scelta del nuovo nome in termini astronomici e illuministici: «Stellantis deriva dal verbo latino “stello” che significa “essere illuminato di stelle”».
In realtà i motivi della scelta sono altri: gli Agnelli, i Peugeot, il governo di Parigi (proprietario di una quota di Psa) non hanno voluto fare un torto né alle radici italiane, né alle francesi né alle americane del nuovo colosso dell’auto mondiale. Stellantis è il quarto produttore di auto nel globo, permetterà di realizzare grandi sinergie industriali e finanziarie per poter affrontare le radicali trasformazioni tecnologiche: motori elettrici, strumentazioni digitali, guida autonoma senza pilota. In futuro, probabilmente, dovrà anche fare i conti con i motori a idrogeno ancora meno inquinanti.
Si tratta di sfide gigantesche per la sopravvivenza alle quali si somma quella contro il Covid-19. Elkann non si è scoraggiato. Qualche mese fa ha ricordato: la famiglia Agnelli già in passato «ha superato guerre, rivoluzioni, crisi, pandemie».
La Fiat fu fondata a Torino nel 1899 da Giovanni Agnelli, senatore del Regno d’Italia. Da una piccola officina nacque un colosso delle auto che sostituirono rapidamente le carrozze tirate dai cavalli. La Fiat superò la Prima e la Seconda guerra mondiale. Non fu cancellata, come i Savoia, assieme al fascismo.
Divenne un simbolo di una nazione divenuta da agricola a industriale, la culla della combattiva classe operaia italiana. La Fiat 500, il capolavoro realizzato negli anni ‘Cinquanta dall’ingegner Dante Giacosa, permise la motorizzazione di massa. La rivoluzionaria utilitaria lunga appena 3 metri e utilizzata da 4 persone divenne uno dei simboli della rinascita democratica e del benessere conquistato.
La Fiat attraversò tempi bui, di crisi. Varie case, come la Ford, si fecero avanti per comprarla. Gianni Agnelli, il nonno di John Elkann, si oppose. Disse a Henry Kissinger: «Siamo un esercito nazionale, come potrei trasformarlo in una legione straniera?». Molti componenti della famiglia Agnelli spinsero per abbandonare il difficile e super competitivo settore automobilistico. L’Avvocato si oppose e ancora, dopo di lui, disse no il fratello Umberto Agnelli: «La Fiat fa e continuerà a fare auto».
Adesso Elkann ripete il no ad abbandonare l’auto e l’Italia. Ma è Carlos Tavares l’amministratore delegato di Stellantis, già con lo stesso incarico in Psa. E non si muoverà da Parigi. Quando nacque Fca l’azienda spostò il suo baricentro dall’Italia negli Stati Uniti e prevalse l’americano sull’italiano. Ora Stellantis potrebbe parlare soprattutto francese.