La crisi politica offre uno spettacolo incredibile fino a poche settimane fa: i Cinquestelle alla deriva che salgono sulla scialuppa di Conte per difendere quello che resta del Movimento: il governo, le poltrone, il potere.
E se il governista Di Maio sostiene che far saltare l’attuale premier e l’esecutivo giallorosso rappresenta una «follia», ecco il movimentista Alessandro Di Battista dichiarare che se Renzi non farà marcia indietro nessun pentastellato dovrà andare a prendere nemmeno un caffè con un esponente di Italia Viva.
E così i due maggiori rappresentanti delle due anime in cui fino a ieri sembrava diviso il Movimento ricompongono la loro frattura senza essere passati per un congresso, una conta, una discussione politica. Niente. A unirli adesso è la paura di perdere il potere, visto che il 32,7 percento conquistato alle politiche del 2018 ormai, sondaggi alla mano, è diventato un miraggio.
Anche Beppe Grillo, il fondatore di quel M5S, diventato rapidamente e incredibilmente, primo partito italiano, ma sulle ali del «vaffa» e dei proclami antisistema, adesso si adegua. Al punto da condividere la lettera aperta rivolta ai partiti di maggioranza e opposizione firmata dal deputato Cinquestelle Giorgio Trizzino. Dove si indica una via d’uscita dalla crisi. Precisando che il governo deve essere guidato da Conte.
E così, dopo la Lega, il Pd, Renzi, ecco l’ennesima piroetta: adesso a Grillo va bene perfino Berlusconi. Giravolta degna di un capo doroteo, il ventre molle della Dc, la corrente centrista democristiana passata alla storia della Prima repubblica non per le idee e i programmi politici, ma per la fame di poltrone che la spingeva a infilarsi in qualsiasi alleanza. Pur di restare al governo.