La sola cosa certa della crisi politica in corso è che Conte ne esce sfigurato. Il suo volto non è più quello dell’abile presidente del Consiglio che riusciva a tenere insieme Pd e Cinquestelle, facendo addirittura dimenticare il fatto che prima aveva guidato il governo gialloverde con Salvini vicepremier.
In poco più di una settimana, dopo aver fatto sapere a destra e sinistra di poter fare a meno dell’infido Renzi e dei voti di Italia Viva, Conte non si è dimesso e si è ritrovato senza una maggioranza alternativa. Provocando l’irritazione del Quirinale, che gli ha chiesto di sbrigarsi a trovarla.
Ma adesso è arrivata l’indagine giudiziaria calabrese che ha messo fuori gioco Lorenzo Cesa rendendo impossibile il passaggio tra i “responsabili” dei tre senatori controllati dall’ex segretario Udc. Per non parlare del fronte Ue. Con gli avvertimenti della Commissione europea e della Bce e il conseguente aumento dello spread.
L’immagine dell’uomo solo al comando che si preparava a gestire i miliardi del Recovery Fund con un manipolo di commissari e una squadra di tecnici esterni è già un ricordo. Al suo posto è subentrata quella del premier venuto dal nulla che chiede aiuto e va disperatamente a caccia di una mezza dozzina di senatori “responsabili” per conservare la poltrona di Palazzo Chigi.
E adesso? Secondo alcuni retroscena, Conte si starebbe preparando alle prossime elezioni politiche con una sua lista che, secondo i sondaggi si collocherebbe tra il 10 e il 15 per cento dei voti. Ma i partiti personali In Italia hanno vita breve. Perfino Mario Monti, quando decise di farsene uno, alla prova del voto prese la metà di quello che gli assegnavano i sondaggi. Poco dopo fu costretto a uscire dalla scena politica.